Usagi Drop – Recensione
Quando tuo nonno ti appioppa la paternità
Vabbé, forse sarò pure un sentimentolone, ma per quanto mi riguarda non esiste niente di più dolce e commovente di un padre amorevole, dedito alla cura dei suoi figli, che sacrifica tutto se stesso per proteggerli e preparali a incamminarsi su quel tortuoso sentiero che è la vita. Ed è sulla bellezza della figura paterna, e sulle emozioni che essa è capace di suscitare nel profondo dell’animo umano, che Yumi Unita pone come cardine della sua opera.

Daikichi e Rin, in una copertina del manga
Usagi Drop appartiene a quel genere di anime e manga per adulti, gli josei, che sono soliti trattare di argomenti particolarmente delicati e dolorosi, ma al tempo stesso molto coinvolgenti, che probabilmente un pubblico più giovane non sarebbe in grado di apprezzare pienamente, se non addirittura di comprendere. In questo caso viene affrontato un tema ben poco toccato dal mondo dell’animazione giapponese, quello sulla relazione padre-figlia – in un manga del 2005 di dieci volumi, da cui ha avuto origine un anime splendidamente disegnato uscito nel 2011, che per il momento è di soli undici episodi, ma di cui è sicuramente prevista una seconda stagione. Inoltre, per i più otaku tra noi, non manca la live action, che una volta tanto è un film giapponese di tutto rispetto.
Parlando un po’ della trama, Daikichi è un trentenne single, una persona di buon cuore, che però ha vissuto privo di vere responsabilità, in una routine casa-lavoro-svago infondo non particolarmente soddisfacente. L’altro personaggio chiave della storia è Rin: una bambina posata, sensibile e intelligentissima, cresciuta con un uomo anziano che non è altri che il nonno di Daikichi. La storia ha inizio nel momento in cui il nonno di Daikichi, che risulterebbe essere il padre biologico della suddetta Rin (inutile dirlo, si è dato da fare fino all’ultimo! ), muore e nessuno tra i suoi parenti ha la benché minima intenzione di occuparsi della bimba. Della madre, ovvero la badante del defunto nonno, non si sa praticamente nulla, e la bambina rischia di finire in un orfanotrofio. A quel punto Daikichi, giustamente indignato per l’indifferenza dei suoi familiari, prenderà impulsivamente una decisione che gli cambierà radicalmente, e per sempre, la vita: occuparsi di Rin e, di fatto, diventarne il padre adottivo. Ha cosi inizio la storia di un “giovane uomo”, che nell’improvvisarsi padre di una bambina traumatizzata si dovrà trasformare in un adulto. Ed è in fondo questo il messaggio della storia che più di ogni altra cosa risulta efficace: ciò che contraddistingue un adulto da un immaturo è che il primo è capace di farsi carico dell’altro, di prendersi le sue croci (Marco 8, 34), sacrificandosi. Non è altro che l’Amore, quello vero, che va al di là dei patetici romanticismi, del più becero sentimentalismo o dell’inconsistenza dell’eros, per donarsi all’altro, in una donazione totale, completa, ma salvifica. Daikichi scoprirà che cambiare (gusti, vita) non è nient’altro che la scoperta di se stessi e della propria bellezza interiore; e per amore di Rin si scoprirà padre. Perché, diciamocelo, un uomo non è davvero tale fin quando non diventa un papà.
Commenti da facebook
8 Novembre 2013
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1 Giugno 2014
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