In ogni gesto, generiamo il nostro futuro e determiniamo quello degli altri.

— David Mitchell

E se lo “sfigato” fosse il vero eroe anche nella realtà?

Le intuizioni bibliche dei manga

Yota e Ai si abbracciano

Yota Moteuchi e Ai Amano, di “Video Girl Ai”

Fin da ragazzino mi sono sempre chiesto perché in tante storie e in moltissimi fumetti, soprattutto manga shōnen, i protagonisti sono solitamente dei sempliciotti del cavolo, talvolta quasi idioti, che però, ebbene, restano fino all’ultimo cocciutamente fedeli ai propri ideali, secondo lo stereotipo dell’eroe senza macchia e senza paura, ma non per questo infallibile. Non che la cosa mi infastidisse più di tanto in realtà, perché a modo mio, credo di essermi sempre considerato un po’ un “sempliciotto”. Ma continuavo a non comprendere del tutto questa preponderante presenza di protagonisti considerati “buoni” perché un po’ svaniti, impulsivi ed ingenui, a maggior ragione se si tiene conto degli antagonisti/alter ego, tutti rigorosamente aderenti al cliché del personaggio superfigo, sempre più bello, più carismatico e più arguto del povero protagonista. Gli esempi si sprecano: Goku e Vegeta, Naruto e Sasuke, Inuyasha e Sesshomaru, Daniel LaRusso e Johnny Lawrence, Sho Fukamachi e Agito Makishima, Hanamichi Sakuragi e Kaede Rukawa, Kei Kurono e Masaru Katou, eccetera, eccetera.

Quando affrontai l’argomento con amici e conoscenti qualche volta trovai chi liquidò la questione affermando che si trattava di un’operazione di marketing: si sceglie volutamente il modello del protagonista facile da decifrare, senza particolari abilità o talenti, che crede di poter cambiare il mondo con i soli buoni sentimenti, perché è assai più facile per un ragazzino immedesimarsene. Questa spiegazione però non mi convinse mai più di tanto, dal momento che i “ragazzini immaturi” amano ancora di più gli antieroi boriosi e pieni di sé sullo stampo di personaggi quali Lelouch Lamperouge. Non fraintendetemi, Lelouch di Code Geass è stato senza alcun dubbio ideato a sfregio di personaggi accidiosi come Shinji Ikari. Ma un megalomane resta un personaggio demenziale, per quanto possa, a tratti, apparire più “figo”, più “intelligente” o straordinariamente talentuoso in tutto quel che fa. È chiaro che ognuno ama il personaggio che meglio esprime i propri idoli. Tuttavia, col tempo, sono arrivato alla conclusione che vi sia dell’altro…

Davide e Saul

Davide e Saul

Davide e Saul in un’illustrazione

La risposta, lo so per alcuni di voi risulterà bizzarro, ma l’ho trovata nella Bibbia. Eh sì, quel libro tanto caro a noi cristiani. Esiste infatti nell’Antico Testamento, nel Primo libro di Samuele, un racconto che risolve perfettamente questo dilemma: la storia di Saul e Davide. Dopo aver tribolato non poco ed essersi stanziato nella tanto agognata Terra Santa, il popolo di Israele entrò in fissa per un sovrano che fosse capace di governarlo e di castigare i suoi oppressori. Il profeta Samuele, non particolarmente entusiasta della cosa, daje e daje, accettò la richiesta del popolo e assillò il buon Dio di mandare ad Israele un uomo capace di governare il neonato regno. Dio, nemmeno lui troppo convinto di questa trovata del re spaccatutto, nonostante ciò esaudì tale richiesta e scelse un uomo dalle capacità eccezionali: Saul. Quest’ultimo era davvero “er figo” della situazione: aspetto imponente, forte, di bell’aspetto, carismatico, di mente arguta e d’animo misericordioso. Ma, guarda un po’, furono proprio le sue incredibili capacità da coatto a farlo cadere… Infatti Saul farà un serie di clamorose pecionate in buona fede, come quando offrirà l’olocausto a Dio di sua iniziativa (1 Samuele 13, 12-13), e si ritroverà ad andare contro la volontà di Dio una volta sì e l’altra pure, a discapito di tutto il regno. Per farla breve, sentendosi sto cavolo, ridimensionerà l’opera di Dio per adattarla alla propria mediocrità umana. Dio allora stufo, susciterà Samuele nella scelta di un nuovo re. Ma questa volta si tratterà di un individuo assolutamente diverso… Uno a questo punto sarebbe portato a pensare che Dio tirerà fuori un tizio ancora più gajardo. E invece no, il nuovo candidato, un certo Davide, si rivelerà tutta un’altra cosa: mingherlino, fulvo di capelli (eh sì, era roscio), d’animo sensibile, fastidiosamente idealista, anzi sentimentale, a tratti bonaccione; il tipico sognatore con la testa tra le nuvole, con la passione poco virile di comporre canzoni e poesie con la cetra. Come se non bastasse, l’ultimo di otto figli, di cui gli altri sette tutti ben più guerreschi e validi di lui. Eppure, alla faccia di tutti quanti, Davide passerà alla storia come il sovrano più importante di Israele, uccisore di giganti, impavido eroe, ecc… Per farla breve, una storia degna davvero di diventare un fumetto.

Ma perché Davide?

Un cuore semplice, che non può fare affidamento su chissà quali incredibili doti o capacità, per forza di cose, si ritroverà prima o poi a scontrarsi con la realtà della condizione umana: siamo tutti infinitamente piccoli, limitati. Quel poco che abbiamo ci può essere tolto in qualsiasi momento, e da soli non andiamo da nessuna parte. Ecco spiegato il motivo per cui in molte storie il protagonista è un sempliciotto smielato, a volte sfigato, in contrapposizione ad un antagonista che, buono o cattivo che sia, fa principalmente affidamento sulle proprie incredibili qualità.

Quindi, mi stai dicendo che gli autori dei vari anime e manga leggono la Bibbia?!

Come sosteneva Tolkien, non soltanto i pensieri astratti dell’uomo, ma anche le invenzioni della sua immaginazione devono derivare da Dio, e, di conseguenza, riflettono parti della verità eterna. Consapevolmente o no, molte persone trasmettono la verità.

Per certi versi, la storia di Davide è un po’ il paradigma dello sfigato che alla fine si riscatta, mostrando a tutti quel che un “imbranato” può fare, che i film “scolastici” anni ’80 e il mondo dei fumetti hanno, non consapevolmente, continuamente riproposto.

Naruto Vs Sasuke

Il secondo scontro tra Naruto e Sasuke, in “Naruto Shippuden”

Naruto e Sasuke

Una storia dove questa verità viene forse inconsciamente ben esplicata dall’autore è Naruto: Naruto Uzumaki, almeno all’inizio della storia, ha scarse abilità come ninja ed è sfigatissimo, ragion per cui si ritroverà ben presto a valorizzare ciò che alla fine conta davvero: l’amicizia, i legami, gli affetti e la comunità di cui fa parte. Al contrario Sasuke Uchiha, l’alter ego superfigo della situazione, forte delle sue incredibili abilità innate ed acquisite, cederà all’individualismo, troncando ogni legame, per decidere da solo ciò che è giusto per la sua vita: l’idolo della vendetta, ma più precisamente la rivalsa sul fratello maggiore, Itachi, che tanto odia e che apparentemente lo considera inferiore. Quella di cui stiamo parlando è la minaccia numero uno della spiritualità e di ogni relazione, la causa anche del famoso peccato di Adamo: la superbia. Non si può essere buoni od avere una relazione sana con qualcuno se ci si reputa migliori degli altri od autosufficienti. Anche la relazione con Dio può essere seriamente compromessa e ridotta ad un mezzo od un sostegno per il perseguimento dei propri fini. Per dirla in un altro modo, si appiccica il nome di Dio sulle nostre boiate, allo stesso modo di re Saul.
Quindi, che fare?

Occorre svuotarsi, tornare come bambini (Mt 18, 1-5), farsi stupidi se necessario, per farsi riempire da Dio e imparare a crescere insieme agli altri.

Basterebbe riflettere anche su questo: l’unico tra gli apostoli a non essere un povero pescatore ignorante sappiamo che fu Paolo di Tarso, che prima della conversione (al Cristianesimo) era solito perseguitare i cristiani come eretici, proprio perché si riteneva intellettualmente abbastanza preparato per poter conoscere la volontà di Dio. E Dio per far comprendere a San Paolo che era ancora “cieco” fu costretto ad accecarlo di persona sulla via per Damasco… Questo perché, come ci fa sapere Gesù, non è possibile mettere del vino nuovo in otri vecchi (ossia in uomini già soddisfatti del loro sapere e inamovibili nelle loro convinzioni) senza che si perdano entrambi…

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5 Commenti

  1. L’articolo da per scontato che lo “sfigato” (l’escluso, lo strano) faccia sempre prevalere la propria saggezza nata dall’estraniamento e dalla coscienza della rigidità delle imposizioni della normalità e diventi così un uomo di cuore, capace della bontà che la bellezza algida del figo non capisce. Non è sempre così. Esistono “sfigati(comprensibilmente) cattivi”. Essi vogliono semplicemente mettere a frutto ciò che sanno dell’assurdità dei metri di giudizio che li hanno allontanati dai loro sogni e invece che l’umiltà scelgono la vendetta proprio come il “figo” Sasuke. Mi viene in mente ad esempio il Pinguino di Batman. Ma Naruto ne ha una miniera e tutti svolgono nella trama e nella morale il ruolo di mostrare cosa sarebbe potuto essere benissimo diventare se avesse fatto altro uso della sua situazione e avesse reagito diversamente, con meno apertura, allegria, buona volontà e con una minore ingenuità, anche.
    Se avesse scelto la conoscenza faustiana,superba, l’ambizione: sarebbe diventato Orochimaru.
    Se avesse cercato di imitare tratti altrui per costruirsi un ego affascinante ma sfuggente: sarebbe stato Kabuto.
    Se si fosse rifugiato in affetti artificiali a sua propria misura: sarebbe stato Sasori.
    Se avesse reagito sottomettendo tutti colla violenza: sarebbe stato Kisame.
    Se avesse assecondato la voglia di essere importante uccidendo altre persone per le proprie idee: sarebbe stato Hidan o Kakuzu.
    Se avesse tentato di stupire con una stravaganza aggressiva: avrebbe scelto i modi di Deidara.
    Se si fosse convinto che l’unico modo di far capire cosa provava fosse stato farlo provare ad un altro: avrebbe percorso la strada di Pain.
    Se avesse cercato attenzione facendosi temere: sarebbe stato Gaara.
    Se infine avesse provato a cambiare il mondo a forza, a costo di costruirne uno finto, sarebbe stato Obito.
    Tutti sfigati a pieno titolo, comunque, come risulta dalle loro storie personali.

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  2. PS Madara no, Madara è tranquillamente, serenamente convinto della normalità fisiologica di violenza e ingiustizia. Coerentemente è cattivo e francamente contento.
    Io questi tipi li considero dotati di ancor meno umanità degli sfigati inaciditi. In effetti mentre gli altri si vedono toccati dal loro lato vulnerabile di ex bravi ragazzi, Madara dei discorsi di Naruto se ne sbatte. Ma è capacissimo di allearsi coi buoni, se spassionatamente gli conviene.

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  3. PS Mi sono convinto dopo un corso di Filologia Romanza e Romanzo Medievale che praticamente tutti gli archetipi usati per gli eroi giovani dei manga siano, inconsapevolmente, riconducibili chi più chi meno al personaggio di Parsifal (Goku in particolare è un perfetto Parsifal cogli occhi a mandorla, ma anche Luffy/Rubber non scherza)

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  4. Marco, lo “sfigato” a cui alludo è più che altro un sinonimo di “meno talentuoso”. E, come ho spiegato nell’articolo, che le persone meno dotate siano più avvantaggiate nel riconoscersi “piccole”, “misere” e non autosufficienti è quasi un’equazione matematica. Quando lo sfigato cerca di uscire dal suo ruolo, come Cobblepot di Batman quando impara a usare il potere dei soldi e la sua formidabile capacità di raccogliere informazioni per compensare le sue scarse capacità fisiche, diventa altro… Nel caso di Cobblepot, il temutissimo Pinguino. Il mio intento però non era tanto quello di dimostrare l’equazione ‘sfigato = buono’, ma di carpire le ragioni che hanno portato molti autori di storie di successo a scegliere un protagonista “sfigato” in contrapposizione ad un antagonista o antieroe “coatto”. È un paradigma collaudato, perché corrisponde alla sintesi della realtà del bene e del male: il male parte dell’autoreferenzialismo; il bene è comunione. Citando la Bibbia, Adamo cercò di essere come Dio, ribellandosi al Padre e troncando così la sua relazione con Lui; Gesù Cristo, al contrario, disse più volte che “il Figlio non può nulla senza il Padre”, sottomettendosi al Padre fino all’estremo sacrificio della croce, per amor Suo e amor nostro, in un atto di amore perfetto. In Naruto è pressoché lo stesso: Naruto nel farsi in quattro per tutto e per tutti insegna a molti dei vari antagonisti che la bellezza dei legami è di gran lunga più potente o preferibile a qualsiasi tecnica ninja spaccamondo. Ovvero, l’unione fa la forza!

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  5. Naruto è un povero di spirito (relativamente) che fa amicizia anche coi sassi (per forza…)
    Fa poco e lo fa in modo goffo (finché non prende la mano dopo un secolo, almeno) ma sa cosa importa e non si sente solo. Per via del maschilismo di Kishi, Naruto si sposa una che non riuscirebbe a torcergli un capello, ma non se ne accorge perché le è grato dell’affetto.

    Sasuke è aggressivo (con ottime ragioni) e puntiglioso (con ottime ragioni). Fa molto ma non ha idea di come gestire la sua vita e ha il supporto di persone inaffidabili, quando non, semplicemente, di nessuno. Sasuke è un cammello. Per via del maschilismo di Kishi, Sasuke si sposa una che potrebbe sfidarlo in battaglia, ma la trascura a tal punto che lei si demotiva e si rassegna a pulirgli la casa (le rare volte che lui torna).

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Author: Alex Pac-Man

Cultura cattolica: Affascinato dalle storie di Arda, ho cercato di capire perché Tolkien sostenesse che a essere immaginario è solo il tempo in cui sono ambientati i suoi racconti. Ho così iniziato un lungo cammino, che mi ha portato ad amare il Libro della Genesi e tutto ciò che riguarda la protologia, fino all'esperienza del percorso dei 10 Comandamenti di don Fabio Rosini. La fede cristiana è soprattutto un'esperienza di bellezza, ben lontana dall'ideologia e dall'emozionalità di chi la riduce ad un sterile atto di cieca convinzione. Cultura nerd: Le mie prime idealizzazioni furono plasmate dai capolavori di Shigeru Miyamoto, quali "A Link to the Past" e "Ocarina of Time", che, magari sarà azzardato dirlo, racchiudono in sé un po' tutta l'essenza del mito. Il mio essere un nerdone comincia dall'amore per la narrativa, per il fumetto e tutto ciò che porta alla storia delle storie.

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