Oggi si ricorda un santo: John Ronald Reuel Tolkien
“io sono cristiano e cattolico romano”
Oggi 3 gennaio non si ricorda solamente la nascita di un filosofo, linguista, filologo, storico, scrittore geniale, ma un santo. È vero, qualcuno ancora storce il naso quando si prova ad attribuire la “santità” all’autore della trilogia “Il Signore degli Anelli” – nonostante c’è chi sta seriamente proponendo la canonizzazione di Tolkien -, ma questo per due principali errori di fondo.
Vediamoli insieme.
L’amore per il Pane di Vita… No, non è il lembas!
Il primo (errore) è che non si conosce davvero fino a che punto fosse radicale e fortemente vissuta la fede di Tolkien. Si potrebbe riportare il suo pensiero, rimasto impresso nei suoi scritti, che testimonia quanto la sua anima fosse profondamente di Cristo. O si potrebbe ricordare l’immenso spessore dei messaggi cristiani contenuti nelle sue opere più celebri. Ma in ogni caso si tratterebbe di un’operazione fin troppo scontata, già compiuta da molti. Quel che mi limiterò a ricordarvi o farvi sapere di Tolkien è che la sua vita ebbe sempre al centro Cristo Eucaristia, come molte delle sue lettere testimoniano:
Malgrado in alcuni casi l’avversione di Edith per l’”eccessiva” dedizione del marito per i Sacramenti, Tolkien insistette sempre affinché i loro figli comprendessero l’importanza della pratica quotidiana della Santa Messa. Ma, soprattutto, per la confessione frequente. Riguardo quest’ultima, Tolkien era particolarmente scrupoloso… e si confessava assiduamente prima della Messa, al punto che se non ne aveva la possibilità arrivava ad astenersi dal ricevere la Comunione. Fu una buona abitudine che diede i suoi frutti specialmente durante l’ultimo periodo della sua vita, quando, prima di ogni riconciliazione, Tolkien non poteva fare a meno di piangere per il dolore dei peccati commessi.
Il suo più grande rimpianto fu di non aver trasmesso la fede ai figli come avrebbe voluto:
Il senso della vita per Tolkien
Il secondo motivo è che senz’altro si tende erroneamente a considerare la santità come una condizione quasi sovrumana, raggiungibile solo da preti eroici, martiri e mistici, quando piuttosto l’essere “santi” è più semplicemente saper vivere la propria vocazione, qualunque essa sia (il matrimonio, il vivere in famiglia, il presbiterato, la vita consacrata, ecc…). E la vocazione a cui siamo tutti chiamati è vivere la vita per l’incontro con Dio, possibile se si impara ad amare secondo gli insegnamenti di Cristo.
Famosa è la risposta sul senso della vita che Tolkien diede ad una delle sue allieve:
Conclusione
Tolkien fu un uomo che seppe accogliere dentro di sé la luce di Cristo, guardando al mondo con gli occhi di un figlio di Dio.
Perché le opere di Tolkien ci piacciono tanto? Perché la verità è bellezza. E saper trasmettere quell’anelito di bellezza che il Cristianesimo chiama “fede” è ciò che Tolkien fu in grado di fare più di chiunque altro per mezzo della parola scritta.
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