“The Walking Dead”: il senso della vita 2
Vivere o sopravvivere.
Il mondo di “The Walking Dead” è un mondo devastato, dove la morte è dietro l’angolo, dove non ci sono più sicurezze, un mondo di tenebre. Gli uomini spinti in situazioni estreme sono costretti a fare i conti con ciò che c’è dentro loro stessi.
Cosa emerge quindi dalla quarta stagione? Qual è la differenza tra restare vivi e vivere? (Attenzione: se non l’avete vista, sappiate che vi state per beccare un grande spoiler!!)
Due diverse visioni della vita
Hershel, come abbiamo visto nel precedente articolo (“The Walking Dead”: Il senso della vita), crede in qualcosa di importante, in un progetto più grande, ognuno è su questa terra per una missione, la vita non è tutta qui, insomma Hershel ci crede davvero in Dio, lui crede veramente nella vita eterna. Possiamo dire di essere credenti, andare a messa la domenica, fare due preghiere quando le cose si mettono un po’ male o quando ci sentiamo particolarmente ispirati, ma è lì, nelle situazioni più o meno estreme della vita concreta, è lì che ci giochiamo tutto. È lì che due paroline come “vita eterna” si aprono all’immensità di cui parlano, se vogliamo. In quei momenti in cui la fede è un atto concreto, è lì che scopriamo se ci credevamo oppure no, è lì che si combatte la battaglia della nostra anima.
Il Governatore ha perso tutto, ha perso la battaglia con Rick e il mondo che si era costruito è crollato miseramente, vaga per quel mondo popolato di morti e in fondo non c’è tanta differenza tra lui e uno zombie, entrambi vagano senza un senso.
Ma il suo torpore è risvegliato da un ricordo, una bambina uguale a sua figlia, quella persa insieme a sua moglie all’inizio dell’apocalisse zombie. L’incontro con questa famiglia, sopravvissuta a questo orrore, che lo accoglie e gli da un po’ di calore umano, ci da la speranza che infondo anche il Governatore possa cambiare. Sente di aver ritrovato la sua famiglia, sente che c’è ancora qualcosa per cui vale la pena lottare.
Eric (come si fa chiamare dai suoi nuovi familiari), rincontra uno dei suoi seguaci da cui era stato abbandonato dopo la disfatta di Woodbury, e lui e la sua nuova famiglia si introducono nella comunità creata dal suo ex-sottoposto, ormai leader. La situazione precipita quando il suo desiderio di controllare gli eventi è irrefrenabile. Inizia il combattimento interiore, che purtroppo finirà reprimendo di nuovo la sua ritrovata umanità. Uccide il nuovo leader, per difendere ciò a cui tiene non ci sono più regole, l’importante è pensare ai proprio interessi. Vediamo come anche proteggere una bambina, in un mondo cosi cupo, può portare a derive malvagie, se credi che in fondo sia tutto qua, se tutto sommato l’importante è rimanere vivi ad ogni costo.
“The Walking Dead” è un mondo senza sfumature, che ti costringere a prendere una posizione. Da una parte c’è il credente, dall’altra un senza Dio. Con la morte finisce tutto oppure no? Ecco cosa emerge in questa serie: questa scelta ti cambia la vita!
Se è tutto qui, l’importante è respirare, lottare per ciò a cui teniamo può dover dire fare la cosa sbagliata, se necessario, per evitare la nostra morte o quella dei nostri cari, e per assurdo ciò che amiamo di più ci spinge al male.
Se non è tutto qui, se la vita è eterna, l’importante è amare, lottando per fare la cosa giusta anche a nostro discapito, affidarsi a qualcosa di più grande, accettare la morte perché sappiamo che c’è l’eternità ad attenderci. Questo stesso concetto emerge con meno rilievo, anche quando Carol per evitare l’epidemia di un batterio che si sta diffondendo all’interno dei loro edifici, uccide i due primi contagiati dalla malattia, lei ovviamente sosterrà di averlo fatto per il bene della comunità, e lo crederà davvero. Hershel invece si sacrificherà per assistere i malati, rischiando il contagio. Ancora un volta il quesito rimane lo stesso, vivere o sopravvivere? Entrambi possono avere ragione, ma qui si parla di altro, si parla di scegliere in che mondo vogliamo vivere, di credere in un mondo dove l’amore viene al primo posto o di credere che può essere messo in secondo piano per altre motivazioni, magari anche plausibili.
Conclusione
In questo telefilm, come dicevamo, tutto è amplificato, perché è una situazione estrema, ma nella vita di tutti i giorni in realtà combattiamo la stessa identica battaglia, magari per cose più piccole, o magari per altre altrettanto importanti, ma il quesito di fondo che guida le nostre azioni è lo stesso: vivere o sopravvivere, amare gratuitamente o in base ai nostri interessi (per quanto legittimi).
Forse qui, nella nostra società, le nostre scelte passano in sordina, ma non sono affatto meno rilevanti, perché cambiano la nostra vita e quella di chi ci sta intorno.
Insomma, questa quarta stagione di “The Walking Dead” ci pone un importante interrogativo di fondo:
Ma noi…Chi saremmo in un mondo cosi?
Anzi, sarebbe meglio dire: Noi chi siamo?
Commenti da facebook
13 Gennaio 2014
Complimenti. Bellissimo post, molto vero e molto significativo… lo farei leggere a tutti gli appassionati di TWD…
16 Gennaio 2014
Grazie A me da credente è passato forte e chiaro questo messaggio, infatti sarebbe interessante vedere che ne pensano persone che magari non credono!