C’è abbastanza luce per chi vuole credere, e abbastanza tenebre per chi non vuole credere

— Blaise Pascal

Le vere ragioni dell’esistenza della “Friend zone”

Il lato oscuro dell’amore non corrisposto

“Perché scusa… ne esiste un lato positivo?!” ~ Chiunque con un cuore spezzato

The Friend Zone

Mario è uno dei più antichi abitanti della Friend Zone… dal 1985!

Noto, non con dispiacere, che nell’ultimo periodo, soprattutto nell’universo nerd, è diventato quasi di moda parlare di “Friend Zone“: termine che forse fece una delle sue prime comparse in “Friends“, poi nella mitica serie televisiva “Scrubs“, volto a indicare un individuo (generalmente di sesso maschileMa la Friend Zone è certamente abitata anche da donne, non risparmia nessun'anima buona!) che viene confinato in una “zona di amicizia” dalla persona per cui nutre un sentimento. Quest’ultima, per ragioni a noi del tutto arcane, nemmeno qualora il cosiddetto “amico” si rivelasse appetibile o valido riuscirebbe a prenderlo in considerazione sul piano amoroso. Ma nella remotissima possibilità che ciò avvenga, la morte è un’inevitabile destino… come sperimentato dallo sfortunato André GrandierAmico di infanzia di Oscar François de Jarjayes che, dopo essere stato friendzonato per decenni, verrà ricambiato solo il giorno prima della sua morte... all'inizio della Rivoluzione francese!. Tuttavia è interessante vedere che nonostante il crescente aumentare di esilaranti vignette dedicate all’argomento sparse per il webAd esempio, la famosa pagina Facebook 'BOOM! Sei stato friendzoned'. e le innumerevoli storie di “Friend Zone” – presenti in fumetti, anime, videogiochi, romanzi, serie televisive, film, ecc… –, nessuno si sia mai interrogato sui meccanismi che inducono una persona “friendzonata” a restare per anni o, ahimè, decadi in tale condizione! Ci si limita, piuttosto, a un generale piagnucolamento, spesso mascherato con un pizzico di (auto)ironia e/o solidarietà tra friendzonati.
Superficialità? Non credo sia soltanto quella…

Il fascino del lato triste

La principale ragione, diciamocela tutta, è essenzialmente il vittimismo, legittimato da una società sempre più infantile. Ehi! Sia ben chiaro, il sottoscritto è un abitante della “Friend Zone” da tempi quasi antidiluviani (sigh… ), e credo che soltanto Severus Piton (sommo imperatore delle tristi lande dell’eterna amicizia) sia in grado di superarmi. Pertanto non sono tra quelli che cercano di svilire le persone friendzonate per fare bella figura. Però è quanto meno strano notare come cresca l’interesse per un argomento senza che se ne comprendano davvero le ragioni. È un po’ come un’altra moda del momento, quella della retorica fine a se stessa riguardante il grave problema della violenza sulle donne, dove anche se a ragion veduta si demonizza il genere maschile, di cosa porti una ragazza dolce e carina a preferire un narcisista ossessivo, pervertito e stalker a un bravo ragazzo nessuno si azzarda a domandarselo manco per sbaglio!

L’autocommiserazione vende di più? Mi sa tanto di sì…

L’eroe crocerossino e la principessa anaffettiva

Link e Zelda

Link e Zelda, un esempio di “Eternal Friendzone”: lui si reincarna per farsi friendzonare ancora una volta da Zelda. Ma finché c’è reincarnazione, c’è speranza…?

Lo sappiamo o dovremmo saperlo, soprattutto nell’ambito affettivo-sessuale la cultura dominante ci rifila costantemente modelli sbagliati di vario genere, di cui molti fanno passare l’infatuazione per amore e l’amore per una mera emozione (= reazione chimica). Molti dei cosiddetti “film romantici” non sono nient’altro che storie di cotte assolutizzate dal più becero sentimentalismo narcisista. Ma, in fondo, ciò era ben presente nella letteratura da molto prima della settima arte.

La nerditudineLa cultura dei Nerd., che va dal videogioco al fumetto, è quasi altrettanto ricca di modelli analoghi, per quanto alcuni dei più “fiabeschi” non siano di per sé completamente negativi. Da Link di “The Legend of Zelda” (1986) fino al più recente Finn l’umano di “Adventure Time” (a cui abbiamo dedicato un breve articolo sul medesimo argomento: “Tempo di avventura o di ragazze sbagliate?“), l’immagine dell’eroe che deve salvare/guadagnarsi la bella principessa che puntualmente non se lo fila è onnipresente. Magari ciò non sarà sufficiente a spiegare il fenomeno della “Friend Zone”, ma è innegabile come certe immagini a cui siamo stati abituati fin dalla nostra infanzia siano state in grado di condizionarci a livello inconscio sia nei gusti che nel nostro modo di rapportarci con l’altro sesso. Se quindi da un lato ci è stato trasmesso il ruolo paterno dell’eroe che ama, serve e difende la sua principessa, un modello di virilità essenzialmente cristiano (Efesini 5, 25-33), dall’altro il desiderio di rincorrere una fanciulla “irraggiungibile” (vuoi perché sociopatica, narcisista, sessuofobica, egocentrica, drogata di adrenalina o semplicemente malata nel suo relazionarsi con gli uomini) è in alcuni di noi profondamente radicato.

Suvvia, ammettiamolo: siamo dei cavolo di crocerossini! E, se ci pensate bene, alla fine è lo stesso problema delle ragazze con il cosiddetto “principe azzurro“… molto più spesso una “bestia” in abiti principeschi che loro vorrebbero addomesticare!

La psicodinamica dei friendzonati

Severus Piton

Severus Piton è indubbiamente il maggior esperto di Friend Zone…

In realtà, come ampiamente spiegato da decenni di studi sulla “dipendenza affettiva” e da centinaia di libri di spiritualità e psicologia dedicati all’argomento (i più esaurienti restano i bestsellers “Donne che amano troppo” e “Lettere di donne che amano troppo” della grande Robin NorwoodPsicoterapeuta e scrittrice americana, che si occupò per più trent'anni dei problemi di 'dipendenza eccessiva'.), di per sé il modello sbagliato offerto da una cattiva cultura non è sufficiente a giustificare certi meccanismi inconsci e strutture di dipendenza in cui una persona può restare bloccata praticamente tutta la vita! Le ragioni sono assai più complesse di così… e hanno origine dall’infanzia, da un trauma infantile (perdita, sofferenza, abuso o abbandono) dai quali derivano i moti della dipendenza. Si rifiuta la realtà (del trauma), e si tenta di vincere il radicato disprezzo di sé nello sforzo di conquistare l’amore di una persona che, non solo è irraggiungibile sul piano intimo-affettivo (e questo al di là che ci conceda o no la possibilità di stabilirci una “relazione amorosa”!), ma che ci ricorda parte di quel dolore che ci ha segnati – in modo da prevalere là dove siamo stati sconfitti –, alimentati da un malsano desiderio di voler controllare la situazione a tutti i costi.
Nel caso peggiore, il disprezzo di se stessi può portare a credere di non essere degni di raggiungere l’oggetto dei propri desideri. Così, per punirci, ci “azzerbiniamo” a vita nel ruolo del sempre amico, idealizzando un sentimento “altruistico” e “disinteressato” per una persona problematica che in realtà è soltanto una cavolo di maledizione!

Come fuggire dalla Friend Zone?

Beh, rivolgersi a uno psicoterapeuta potrebbe essere un buon inizio… e non scherzo! Oltre questo, nessuno, nemmeno uno specialista, può darvi una facile soluzione del problema. Ogni storia è unica, e non si può trovare una ricetta che sia valida per tutti. Certamente è fondamentale la fede, come sperimentato dalla stessa Robin Norwood che nei suoi libri lo sottolinea a più riprese.

Robin Norwood: ”Cominciare ad affidare a un potere più grande di voi quello che non riuscite a controllare può dare un sollievo enorme […] può significare aver fiducia che quello che vi sta accadendo ha una ragione e un suo fine. […] Tentare il recupero senza una fede è come salire su un pendio all’indietro, con i tacchi alti. […] Non si vince la dipendenza con uno sforzo di volontà: solo la resa ci aiuta, e ammettere che non ce la faremo mai con le sole nostre forze.”

È il rifiuto della realtà, della propria storia, ciò che dà origine a questa malsana dipendenza camuffata da “spirito di sacrificio”. L’esatto opposto è un atto di abbandono nell’Unico (Marco 12, 32) che può davvero salvare sia l’eroe che la principessa: Dio. Possiamo uscire dalla “Friend Zone” iniziando a coltivare una spiritualità che ci insegni ad amare noi stessi e ad accettare ciò che davvero è per noi (per esempio, una relazione sana!), cambiando gusti e allontanandoci da quel pericoloso eroismo autolesionista che ha fatto strage di eroi più di qualsiasi drago!

The Legen of Friendzone

“The Legend of Friendzone”

Conclusione

Valutando la delicatezza del tema appena trattato… se avete ancora dei dubbi al riguardo, se qualcuno di voi sente la necessità di raccontare la propria storia anche solo per sfogarsi un po’, o se qualche ragazza/o che ha “friendzonato” qualcuno desidera dire la sua, ricordatevi che sotto l’articolo potete lasciare un commento.

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3 Commenti

  1. Trovo che quest’articolo sia molto interessante sull’argomento. E lo dico come persona estremamente “informata sui fatti” essendo passata per una lunghissima e traviatissima friendzone di 4 anni.
    I fatti, brevissimamente. Conosco questo ragazzo attraverso mio fratello, un sogno ad occhi aperti, colpo di fulmine colossale: alto, bello, ragazzo di fede, intelligente e divertente. Lui flirta, si sbottona, non si sbilancia troppo però. Dopo un po’ smette di farsi sentire, altri mesi e poi si fa vivo di nuovo. Usciamo insieme, parliamo di noi, dice che a lui interessa un’altra, ma starebbe con me perchè l’altra non se lo fila. Io sono talmente poco attratta da me stessa che accetto la cosa.
    Già dalla sera stessa i miei messaggi sono tristemente senza nemmeno un OK di risposta (e non c’era ancora la doppia spunta di whatsapp…!)
    Vivo altri 3 anni con lui in mente ma fuori dalla mia vita, poi all’improvviso si fa vivo. Gli racconto che ho una storia con un altro e si arrabbia, poi però dice che scherza, infine si chiude in un mutismo lungo un anno. Autunno 2014, lui ed io single da poco. Ci ri-frequentiamo, ci mettiamo insieme e passiamo 3 mesi in cui lo vedo 4 volte, propongo sempre io di vederci e ci manca solo che non risponda ai messaggi.

    Stavolta però, ho detto basta. In 4 anni, grazie a Dio, ho imparato che c’è un punto oltre il quale non è umanamente possibile disprezzare sè stessi così tanto, e che se un quasi trentenne deve stare con te, che non stima/non vuole includere nella sua vita e nelle sue sofferenze o gioie/non vuole presentare ai suoi amici… solo per non essere single, allora non vale un centesimo del tuo tempo e della tua dedizione.
    Mi sono accorta che, in questi quattro anni, l’unico motivo per cui sono riuscita a lasciare questo “ragazzo dei miei sogni appena conquistato” è stato l’essere caduta talmente in basso con la mia vita di relazione, da aver dovuto toccare il fondo e guardare in alto e accorgermi che il mio bene era altro ed era di meglio.

    Ragazze e ragazzi nella “friendzone”, ve lo consiglio dal profondo del cuore: non considerate il “meglio” della vostra vita un dispotico/a musone – profittatore che vi tiene a portata di mano o di tastiera solo quando ha bisogno di servigi. Mandatelo affanculo con grande carità di spirito, ecco, vi meritate molto meglio sicuramente.
    Come ben mi ha detto un amico, non merita il tuo tempo chi ti toglie sempre la pace.

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  2. Sinceramente questa cosa della Realtà maiuscola e di chi non la “accetta”, cioè non vuole sobbarcarsene il peso ineludibili mi sembra un modo di ragionare molto chiusa. Non c’è niente di meglio quando un avvenimento passato o un vincolo ti opprime che considerare che gli avvenimenti saranno pure quelli ma c’è una realtà diversa per ciascuno che li osserva, senza contare che poco bastava perché quegli avvenimenti volgessero in altro modo. Considerare la realtà come una sola e chi non vi si adegua come un insensato è una sorta di vicolo cieco. Relativizziamo e troveremo modi per farci i conti senza che questo implichi troppo dramma. Questo include ovviamente anche trovare quanto ci ha insegnato anche la principessina stronza di turno, a prescindere dal fatto che (magari fortunatamente) ha scelto un altro (fortunello, ihihi). Magari noi non la meritavamo: per noi è in serbo…di meglio

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  3. Eh, ma uno può relativizzare quando vuole, ma un passato traumatico che condiziona la nostra attuale vita affettiva è qualcosa che non scompare, così, a comando. Marco, al di là dei SE, dei MA e di tutte le possibili varianti e ipotetiche “vite alternative” che avremmo potuto avere se avessimo fatto determinate scelte diverse, ma che nei fatti non esistono, la Realtà a cui si allude, quella con la R maiuscola che dobbiamo “accettare”, a cui si riferisce la laicissima e non cristiana Robin Norwood, è il passato della nostra storia o il presente qualora non aderisca alle nostre aspettative. Relativizzare, cioè vedere la realtà dalla prospettiva che più ci fa comodo, è solo tentare di eludere il problema. Ovvero, hai un trauma (un ricordo non elaborato dalla rete neurale del cervello!) che ti condiziona la vita e che ti fa desiderare un rapporto affettivo di tipo autolesionistico? Beh, prenderne atto e lavorarci sopra (magari con uno specialista!) è il minimo sindacale. Invece, uscendo dalla psicologia spicciola, da cattolico io consiglio il santo di stacco da tutte le cose. Per intenderci, quello di Sant’Ignazio di Loyola! Tradotto per crocerossine ed eroi-salva-principesse, si rinuncia a voler controllare/possedere cose, situazioni e/o persone, e ci si affidati solamente a Dio. Si ama prima di tutto Lui, ci si fa bastare la relazione con il proprio Padre. E, soprattutto, non si deve pretendere l’amore umano. Si deve puntare ad amare senza pretesa alcuna, sull’esempio di Cristo. Il resto verrà da sé. Lui vuole darci il meglio, su quello non c’è alcun dubbio.

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Author: Alex Pac-Man

Cultura cattolica: Affascinato dalle storie di Arda, ho cercato di capire perché Tolkien sostenesse che a essere immaginario è solo il tempo in cui sono ambientati i suoi racconti. Ho così iniziato un lungo cammino, che mi ha portato ad amare il Libro della Genesi e tutto ciò che riguarda la protologia, fino all'esperienza del percorso dei 10 Comandamenti di don Fabio Rosini. La fede cristiana è soprattutto un'esperienza di bellezza, ben lontana dall'ideologia e dall'emozionalità di chi la riduce ad un sterile atto di cieca convinzione. Cultura nerd: Le mie prime idealizzazioni furono plasmate dai capolavori di Shigeru Miyamoto, quali "A Link to the Past" e "Ocarina of Time", che, magari sarà azzardato dirlo, racchiudono in sé un po' tutta l'essenza del mito. Il mio essere un nerdone comincia dall'amore per la narrativa, per il fumetto e tutto ciò che porta alla storia delle storie.

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