Gammy, Lilo e Stitch: Ohana significa famiglia
… ma che cosa significa “famiglia”?
Il caso di Gammy sta scuotendo le coscienze di tutti. Un bambino nato da una madre surrogata, rifiutato dalla coppia che l’aveva “ordinato”, perché down e molto malato.
Davanti alla miopia di una storia che confonde l’essere genitore con l’essere un acquirente, l’unica cosa che può farci aprire davvero gli occhi è ricordarsi cosa vuol dire essere una famiglia.
Per fare questo, ci faremo aiutare dal film “Lilo & Stitch”.
Trama del film

Locandina del film
Sintetizzo al massimo perché spero lo abbiate già visto. In caso contrario: rimediate il prima possibile!
*Super sintesi mode on*
Lilo è una bambina hawaiana, orfana di genitori, che vive con la sorella maggiore. Un giorno adotta un alieno credendo che fosse un cane, e lo chiama Stitch. Quest’ultimo era un esperimento di laboratorio fuggito dal carcere, creato con il solo scopo di distruggere e portare caos. L’alieno però, braccato dalla polizia intergalattica, suo malgrado dovrà recitare la parte dell’animale domestico. Ritrovandosi con Lilo e la sorella in una casa abbastanza povera, esaurirà presto la sua vena distruttrice. Spaesato dalla scomparsa di ciò che sembrava essere il suo unico scopo di vita, e dal costante affetto che Lilo ha nei suoi confronti, Stitch inizierà a poco a poco a scoprire che forse la sua vita ha uno scopo più alto.
“Tu distruggi tutto quello che tocchi… perché non provi a costruire qualcosa?” – Lilo
Essere famiglia non è solo gioia, ma anche fatica
Nani, la sorella di Lilo, ce la sta mettendo tutta per sopperire alla mancanza dei genitori. Il suo impegno è lodevole, e i sacrifici che fa per la sua sorellina sono degni del più alto rispetto. Arriva anche a sacrificare la sua vita sentimentale, rifiutando ogni avance di David, poiché tutto il suo tempo è dedicato alla sorellina. Come se non bastasse, su di lei incombe l’ultimatum di Cobra Bubbles, l’agente dei servizi sociali. Ce la mette davvero tutta per essere una madre per la piccola… ma non basta.
L’importanza dei ruoli

Una madre e un padre sono figure insostituibili
La casa è un disastro. Nani non riesce a stare appresso a tutti gli impegni. I suoi errori di distrazione arrivano addirittura a mettere la stessa Lilo in pericolo di vita. Il rapporto tra le due è di costante conflitto e Nani non riesce a far rispettare il suo ruolo genitoriale per un motivo… molto semplice. Dopo l’ennesima litigata, infatti, prova a spiegare alla sorellina che ce la sta mettendo tutta per essere anche una madre, e la giovane Lilo, tutt’altro che ingenua, risponde: “Preferirei che facessi solo la sorella”. Un padre e una madre sono figure che mai potranno essere sostituite da qualcosa anche solo di simile. La madre insegna a vivere, il padre a morire… ma di questo magari ne parliamo in un altro articolo
L’accoglienza
Essere una famiglia non vuol dire possedersi a vicenda, ma l’accettarsi per come siamo e la capacità di pensare, e di cercare, prima il bene dell’altro che del proprio.
Ce lo ricorda Lilo tutte le volte che sa accettare Stitch così com’è. Non parte dal presupposto di cambiarlo. Lei lo accoglie in casa con tutta la sua carica distruttrice. È paziente, rispettosa, non tiene conto dei danni che il mostriciattolo sta arrecando alla sua cameretta. Non si preoccupa dei suoi interessi quando disegna “il livello di cattiveria” di Stitch, ma è solo genuinamente interessata al bene del nuovo arrivato. Lilo in questo percorso incarna perfettamente la Carità cristiana insegnataci da San Paolo (Cor 1,13). Quando Nani, dopo l’ennesimo disastro, minaccia di riportare Stitch al canile, Lilo pronta le risponde:
“Ohana significa famiglia e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato” – Lilo
Ci sarà poi, dopo l’ennesimo disastro di Stitch, un momento in cui Lilo lo riprenderà severamente… ma volere il bene non vuol dire solo riempire di affetto, ma anche rimproverare quando serve!
Il bene dell’altro
Lilo e Stitch però ci insegnano anche di più. Verso la fine del film, si ritrovano davanti ad una scelta difficile. Stitch si rende conto di essere diventato un pericolo reale per questa famiglia con già troppi problemi a cui badare, e decide così, per il loro bene, di andare via. Lilo, vedendolo uscire dalla finestra della sua cameretta, pur ignorando le reali motivazioni della sua fuga, prende l’unica foto della sua famiglia prima dell’incidente, e gli dà il suo addio così:
“Questi eravamo noi una volta. Stava piovendo, e i miei erano usciti in macchina. Ai tuoi cos’è successo? La notte ti sento piangere… sogni i tuoi genitori? È per questo che distruggi tutto, e che mi spingi?… La nostra famiglia è piccola, e non ci sono giocattoli; ma se vuoi, tu puoi farne parte. Sarai il nostro bambino, e ti cresceremo con amore. Ohana significa Famiglia: Famiglia significa che nessuno viene abbandonato. Ma se vuoi andartene, puoi farlo. Io mi ricorderò di te. Io ricordo tutti quelli che se ne vanno.” – Lilo
Sia Lilo che Stitch, nonostante siano “bambini”, riescono a compiere un atto di coraggio altissimo, ovvero lasciare andare la persona amata per il suo bene. Questo è un tema ricorrente nei film Disney, viene ripreso ad esempio ne “la Bella e la Bestia”, ed è forse una delle lezioni più difficili da imparare.
La lezione più difficile da imparare sull’amore
E quale sarebbe questa lezione? Ce lo facciamo dire da San Francesco:
“il contrario dell‘amore non è l’odio, ma il possesso” – San Francesco d’Assisi.
Già, perché alle volte nascondiamo dietro alla parola “amore”, la paura di perdere qualcosa che riteniamo “nostro”, e così finiamo per fargli del male. Finisce poi che facciamo del male anche a noi, perché se il senso della vita è amare, andando alla ricerca di qualcosa che lo imita solamente, finiamo per sprecare la nostra vita. Nani, che continua a combinare un pasticcio dietro l’altro pur di salvare tutto, fa questo errore, e l’assistente sociale Cobra la costringe a mettersi di fronte ad una dura realtà: Nani ha più bisogno di Lilo di quanto Lilo abbia bisogno di Nani.
Conclusione
“Lilo & Stitch” ci insegna che il fulcro centrale della famiglia è l’accoglienza dei suoi membri più deboli. Sono loro ad avere il diritto di avere affianco delle persone che si preoccupino del loro bene, anche se il loro bene può far arrivare alla rinuncia di averli per sé. Se solo imparassimo tutti queste lezioni, smetteremmo di pretendere di avere bambini come se fosse un diritto, ma saremmo liberi, e felici, di accoglierli per come sono (sani o malati, buoni o cattivi).
Smettendo di pretendere di avere dei figli “nostri”, arriveremmo anche ad imparare ad amare i figli di qualcun altro (Ohana in hawaiano significa famiglia non intesa solo come relazione tra consanguinei), e a prenderci cura di loro all’occorrenza. Saremmo anche liberi di fare del volontariato in case famiglia, o chissà dove, se solo imparassimo che amare non è una questione di possesso. Se imparassimo tutto questo, situazioni come quella di Gammy non sarebbero neanche immaginabili.
Preghiamo per lui, e per tutti gli adulti affinché imparino che il vero amore porta a donarsi, non ad appropriarsi.
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