Lisa e Seya, Saint Tail – L’anime “cattolico” per eccellenza
Storia di una magical girl/maga/ladra cattolica e della suoretta che le fa da spalla

Saint Tail (Seya), la protagonista dell’anime. Un “cult” di nicchia al quale sempre più gente aderisce. A quando un sequel/remake/reboot?
Saint Tail (in originale Kaitou Saint Tail) è un manga shojo di metà anni ’90, firmato da una certa Megumi Tachikawa, che i più conoscono grazie alla serie animata trasmessa tra giugno e luglio 1997 su Italia 1, in un’epoca in cui la rete del Biscione, invece di condannare l’etere alla trentasettesima replica consecutiva di Dragonball GT, sciorinava i titoli di punta dell’animazione giapponese.
Grazie ai magheggi della non troppo mai compianta Alessandra Valeri Manera, a noi è arrivato come “Lisa e Seya, un solo cuore per lo stesso segreto“.
La trama è piuttosto semplice. In una cittadina giapponese completamente cattolica, in una scuola media cattolica, gestita da preti e suore, ragazzi e ragazze studiano per diventare grandi uomini. E nonostante tutti siano felici, e nessuno fumi, si droghi o dubiti ad alta voce della moralità delle figure più care alle religioni monoteistiche, si tratta dell’anime più censurato e rimescolato della storia dell’umanità.
C’è il piccolo giornalista, Sergio, (Sawatari in originale), biondo, effeminato e latin lover, che raccatta informazioni e scoop vari e li manda ai giornali, ignorando il suo futuro di fame e miseria in qualità di giornalista pubblicista.
C’è Rina, (Rina anche in originale), nipote del sindaco, aspirante poliziotta ed ormai del mestiere, bionda come una svedese nonostante sia nipponica al cento per cento. C’è anche un immenso campionario di piccoli professionisti: il piccolo chimico, il piccolo dinamitardo, la piccola suora. Una novizia particolare: la più giovane suora dai tempi di Santa Teresa di Lisieux, di mattina si veste da scolaretta e di pomeriggio se ne gira per la chiesetta del mega-istituto cattolico ad ascoltare confidenze di poveri disperati a cui hanno rubato qualcosa. Nei primi volumetti del manga la suoretta 14enne riceve persino confessioni sacramentali. Successivamente, grazie alle lettere impestate di improperi da parte di una vera novizia giapponese, la Tachikawa ha corretto il tiro, trasformando una serie di abusi liturgici punibili con la scomunica in sereni sfoghi – barra – confidenze estorte agli oranti.
Abbiamo però anche la piccola maga ed il piccolo commissario. La protagonista è Meimi (che, per una combinazione di droghe pesanti tipiche di metà anni ’90 è divenuta in italiano Lisa), figlia del più grande mago giapponese, un hippie completamente strafatto che deve averne fumata talmente tanta negli anni ’60 da sentirne gli effetti a più di sei lustri di distanza. Vive in uno stato di perenne estasi amorosa con sua moglie, una vecchia ladra in stile Eva Kant riportata sulla retta via dalle ingenti quantità di fumo passivo.
Meimi è fortunata, in quanto eredita dai genitori solo le caratteristiche positive di entrambi e non quell’insana passione per le sostanze stupefacenti. Unendo l’atleticità sorprendente della madre con la genialità copperfieldiana del padre, è Nadia Comaneci mescolata con Arsenio Lupin. Sfrutta la sua cleptomania a fin di bene. Seira la suorina, infatti, la convince a diventare una ladra seriale per recuperare il maltolto a tutti i derelitti che fanno la fila di fronte alla cappella del megaistituto cattolico.
Cambia look e diventa, quando serve, Saint Tail (in italiano Seya, come la guerriera sailor transgender della tragica ultima serie di Sailor Moon), e lo fa con un camuffamento che farebbe impazzire i più bravi fisionomisti e autori d’identikit dell’FBI: si raccoglie i lunghi capelli castano chiari in una coda di cavallo. Geniale.
Il modus operandi di Saint Tail è sempre lo stesso. Ad una famiglia povera è stato rubato un Canaletto da un ricco critico d’arte senza scrupoli? Meimi va dalla sua amica suora, pregano sette ore inginocchiate sui ceci e poi si precipita a recuperare il capolavoro sottratto, per riportarlo, ovviamente, ai soliti disgraziati derubati. Ma data la natura esibizionista della ragazza in questione, i furti avvengono con trucchi giganti, effetti speciali e giochi di prestigio da far impallidire Las Vegas: il tutto sotto gli occhi degli agenti, allertati da Alan (Asuka Jr.), che prima di ogni colpo riceve da Saint Tail un avvertimento.

Poco da dire. E’ un magical girl ma anche uno shoujo. Preparatevi a qualche smanceria romanticosa iperglicemica. Possono insorgere sfoghi cutanei.
Perché, sì, c’è anche Asuka. Un caso umano di 14 anni, figlio del commissario di polizia e futuro detective, compagno di classe di Meimi e suo oggetto amoroso. E qui, scatta doverosa una puntualizzazione. Ora, può passare benissimo che in Giappone i giornali si sognino di avvalersi stabilmente della collaborazione di un ragazzino di 14 anni. Possiamo accettare il fatto che qualche ordine religioso senza scrupoli accetti come novizia una sbarbatella di 14 anni facendosi beffe di ogni regolamento canonico. Posso contemplare una ladra 14enne in virtù di capacità magiche e atletiche fuori del comune. Ma di fronte a un ragazzino di 14 anni, delegato dal sindaco a gestire le indagini per la cattura di una pericolosa criminale, con il potere di comandare uomini della polizia tre o quattro volte più anziani di lui, ogni sospensione dell’incredulità va a farsi friggere.
Al di là dei colori pastello anni ’90, degli sfumati tipici degli shojo, degli intrecci semplificati, dei personaggi secondari dallo spessore paragonabile a un foglio A4, questo anime che rimane – chissà perché – così impresso nella memoria di molti, trasuda valori preziosi.
Tra questi la forza dell’amore – ma ancor più dell’innamoramento tra Meimi e Asuka (Lisa e Alan) – in un contesto di pulizia e di candore generale, molto rispondente all’atmosfera permeata di valori cristiani. L’autrice dimostra ampiamente, con certe esibizioni di ignoranza come la suddetta suora-confessora, di non aver neppure letto una pagina di Vangelo o di non aver mai assistito a una messa, eppure, è in grado di raccontare lo Spirito cristiano come quello che in tanti angoli del Giappone si può respirare grazie ad istituti – scuole, università, ospedali – gestiti da ordini religiosi come i Gesuiti, i Francescani, i Salesiani, gli Scolopi e varie controparti femminili. Ed è uno Spirito davvero bello. La sora Tachikawa nelle sue storie fa continuamente pregare i suoi personaggi. Non è un cliché, ma un’intima connessione alla loro essenza spirituale, la vera “barra energetica” da ricaricare prima di intraprendere missioni pericolose. Il “bene” che Saint Tail lotta per far trionfare è la realizzazione di un angolino di Regno di Dio, dove le beatitudini si incarnano anche in vicende piccole piccole. E l’affetto che prova verso il caso umano Asuka non è la solita cavolatina infiocchettata da shoujo pucciettoso, ma un’impegnativa e concreta vocazione all’amore pieno che porterà al matrimonio sacramentale. Nel finale, poi – senza spoilerare nulla – il senso di colpa umano si mescola con la misericordia divina, per sfociare in quel perdono che ogni ferita lenisce e la rende luminosa.
Assolutamente non banale.
Commenti da facebook
13 Ottobre 2014
Praticamente, hanno censurato le parti dove pregavano… vabbe, in fondo la VM era in anticipo con i tempi: la preghiera cattolica è troppo politicamente scorretta!
5 Gennaio 2015
Visto che me lo sto guardando in sti giorni nella versione originale ne approfitto per questa spiegazione trovata in rete sul perché delle censure e su cosa hanno censurato.
Come tutti gli Anime che passano per le mani della Mediaset a quei tempi, anche Kaitou Saint Tail( Lisa e Seya un solo cuore per lo stesso segreto ) è stato censurato. Censure che potremmo definire a sfondo religioso. Infatti, una suora novizia non può essere complice di una ladra, anche se ruba a fin di bene.
Così gli adattatori sono stati costretti ad inventare due personaggi, sdoppiando in due quello di Seira Mimori( nome originale della novizia ): Sara e Mara. I dialoghi tra i personaggi di Sara/Mara e di Lisa/Seya sono stati riadattati, o meglio dire inventati, stravolgendo così il corso della storia. Difatti, non si capisce bene come Lisa venga a conoscenza dei problemi della gente, e perché continui poi a fare visita alla novizia, che ogni volta la riprende perché con i suoi furti non tiene comportamenti corretti per la condotta religiosa.
Le colpe di complicità sono quindi state trasferite alla sorella gemella di Mara, Sara che tra le cose, un paio di volte si sostituisce a Lisa e a Seya per creare un alibi alla sua amica. Un altro motivo di censura è stato, una scena nell’episodio 42, quando Alan colpisce con un pugno, il vetro attraverso il quale scopre la vera identità di Seya; si taglia e sul vetro rimangono alcune gocce di sangue che sono state prontamente censurate.
In pratica chi si è visto la versione italiana ha visto un’altro anime… O_O
5 Gennaio 2015
Ciao Naoko!
Grazie per il commento.
I drammi/danni fatti dagli adattamenti Mediaset li conosciamo. Ma almeno ci hanno regalato quest’opera.
Rido un po’ per i “motivi” di queste censure, che tradiscono lo spirito dell’opera (Saint Tail e Seira si muovono PROPRIO per motivi religiosi).
Però, dai: il tempo è passato. L’ottima edizione su Man-Ga! in lingua originale subbata ci ha restituito Saint Tail nella sua pienezza.
Grazie ancora e buon anno!
27 Dicembre 2014
E chi se lo ricordava più…dai tempi di bim bum bam…ricordo che all’epoca detestavo particolarmente “cartoni” del genere, troppo mielosi a confronto con Ken e Citu Hunter.
Grazie per avermelo fatto ricordare ed adesso vado al recupero