Le figure contraffatte di Dio e Mosè nel film “Exodus – Dei e re”
Il Mosè “sfigato” della Bibbia non piace a Ridley Scott
Ormai ci ho fatto il callo. Lo so che siamo in un tempo di barbarie dove non c’è più alcun rispetto per la religione, per la nerditudine e per tutto ciò di bello che resta in questo mondo. Il mio possedere una sensibilità sia “catto” che “nerd” non mi rende affatto più facile vivere in tempi bui come questi, dove Jackson si diverte a dissacrare “Lo Hobbit”, riempendolo di americanate a dire poco blasfeme, o dove l’Universo Espanso di “Guerre stellari” viene dissolto nel nulla in nome di un VII episodio targato Disney, “Star Wars: Il risveglio della Forza”, il cui trailer è, almeno per il sottoscritto, più inquietante di un’oscura profezia apocalittica. Pertanto quando per la prima volta mi capitò di venire a conoscenza di un film di Ridley Scott dedicato all’Esodo, “Exodus – Dei e re“, non fui particolarmente scandalizzato. Il mondo di Hollywood vuole snaturare o stravolgere l’ennesimo episodio biblico? Vabbè, non è una novità. Uno più, uno meno, cosa cambia?
Tuttavia, dopo aver visto il film di Ridley Scott, qualcosa ha comunque turbato la mia povera anima.
Un bel film, ma… troppi ma!
Come ha spiegato il nostro Onix nella sua recensione, “Exodus – De e re” è un film tecnicamente ben fatto, piuttosto godibile, e la drammaticità della storia unita agli effetti speciali che piovono a raffica uno dopo l’altro lo rendono l’intrattenimento ideale per un sabato sera da passare al cinema. Quindi, sia ben chiaro, non è affatto un brutto film. In fondo non lo era nemmeno “Noah“, di cui mi sono ampiamente lamentato nell’articolo “Dai giganti di pietra biblici alle spensierate ninfomani“. Da un punto di vista biblico-religioso e non cinematografico, Darren Aronofsky aveva dalla sua diverse attenuanti… Parliamoci chiaro, il mito del Diluvio Universale senza le rivelazioni private di alcuni mistici cattolici – particolarmente illuminanti ma sconosciute ai più -, è difficilmente comprensibile, oltre che poco credibile senza alcune premesse di fondo, ambientato in un tempo remoto la cui memoria è sopravvissuta soltanto nelle tradizioni religiose più antiche. Quindi che Aronofsky abbia cercato di spiegarlo a modo suo, attingendo a piene mani dalle tradizioni esoteriche degli ambienti che frequenta o, forse, dai libri che avrà letto , con una spruzzatina di ambientalismo qua e là per far contento un certo tipo di pensiero dominante, forse lo avrei fatto anch’io se non fossi stato cattolico. Forse.
Ma non si può dire lo stesso per “Exodus – Dei e re” di Ridley Scott, che non ha alcuna giustificazione. Mosè non è un personaggio oscuro, leggendario e misterioso come può esserlo quello di Noè. Tutt’altro, è un personaggio ben delineato nel Libro dell’Esodo sia dal punto di vista storico che psicologico, di cui duemila anni di esegetica cristiana ne hanno ampiamente spiegato i retroscena escatologici, biblici e quant’altro.
Un Dio vendicativo e il suo profeta multiclasse guerriero, chierico ed assassino
Partiamo dal protagonista: Il Mosè di Scott è un abile generale dell’esercito egiziano, un valido guerriero che salva la vita al cugino/fratellastro Ramses; possiede le abilità di un assassino, oltre che l’indole di un rivoluzionario-terrorista. Per tanto è abituato ad uccidere, motivo per cui quando ammazzerà un soldato egiziano se ne fregherà alla grande (i sensi di colpa sono roba per femminucce!). È anche ateo, o comunque molto scettico nei confronti dell’esistenza degli dei, con una spiccata propensione al razionalismo, cosa che aiuterà magari a fare immedesimare di più una parte del pubblico nel protagonista del film, ma che non ha davvero alcuna attinenza con la realtà – biblica e storica -, per il semplice fatto che l’ateismo praticamente fino a due secoli fa non esisteva nemmeno negli ambienti più altolocati-massonici e radical chic.
C’è pure un extra: Una profezia pagana, proferita dalla maga di corte (di basso livello?) per mezzo delle viscere di un poro animale, che sostiene che Mosè sarà colui che prenderà il potere a discapito del povero Ramses. Quindi Mosè è, per farla breve, il figo di turno, adorato pure dal padre adottivo, il Faraone Seti, padre di Ramses. Quest’ultimo, Ramses, comprensibilmente, vive con uno spiccato senso di inferiorità rispetto al fratello adottivo, Mosè, e manifesta evidenti problemi di carenza affettiva da parte della figura paterna.
Diciamo che necessiterebbe di un bravo specialista.

La verga di bronzo a forma di serpente innalzata verso l’alto rappresenta, per chi la guarda, sia l’accettazione della propria condizione disgraziata, come chiaro riferimento al peccato originale, che la promessa della salvezza per mezzo della croce di Cristo
Parliamo ora dell’equipaggiamento del nostro eroe coatto.
Niente tuniche da profeta o vesti da pezzente, il nostro Mosè ha un’armatura leggera finemente lavorata, adatta al suo essere un multiclasse guerriero-assassino, che copre od alterna a una mantella con cappuccio per le quest più stealthFurtive..
Infine il bastone di Mosé con la testa di serpente, carico di significati che la maggior parte della gente nemmeno si immagina – oggetto leggendario che Dio tramutava in serpente e con cui Mosè guariva i mali fisici del popolo ebraico nel nome del Signore -, viene rimpiazzato da una spada con elsa e fodera d’oro egizia. Eh sì, te pare che un gagliardo eroe liberatore può andarsene in giro con un bastone di legno, ma stiamo scherzando?! No, diamogli una bella spada d’oro.
Inutile dirlo, sostituire il bastone che con una spada che sembra la Golden Sword di un “The Legend of Zelda” snatura non di poco non soltanto il simbolismo religioso presente nel racconto dell’Esodo, ma sembra quasi mandare un preciso messaggio: la volontà di combattere vale più dell’abbandonarsi alla Provvidenza. Però nello stesso film questo viene smentito, perché senza piaghe e punizioni divine varie Mosè non sarebbe andato da nessuna parte. Allora perché una spada? Forse questo voler rendere il protagonista più agguerrito, combattivo e bellicoso è chiarito dallo stesso Mosè in una delle scena del film, dove suggerisce una delle possibili interpretazioni legate al significato della parola “Israele” come: “Colui che ha combattuto con Dio”. Per questa ragione Mosè ha una spada, perché meglio rappresenta il popolo ebraico che combatte insieme a Dio contro il nemico comune: I gentili, i pagani, i non ebrei, i senza Dio, ecc…, ecc…
Ora passiamo a Dio…
Va bene, abbiamo la scena del Dio-bambino che realizza una piramide di cubetti a forma di triangolo equilatero. Il riferimento al dogma del Dio Uno e Trino forse ci starà pure, ma sarà sufficiente a convincerci che quello di “Exodus – Dei e re” è davvero il Dio di amore della fede cristiana? E il bambino che afferma di essere “Io sono“, ma che Mosè considera come un “messaggeroUn angelo.” in una delle scene del film, potrebbe essere Gesù?
Da parte mia, manco per niente!

Se bene non proprio biblica, devo dire che ho apprezzato la scena un po’ splatter dei coccodrilli nel Nilo
La scena dove Mosè e il Dio-bambino discutono animatamente riguardo la strategia da adottare per liberare il popolo ebraico ridotto in schiavitù dagli egizi, vabbè oltre a non avere alcun riscontro biblico, è ciò che più può confondere riguardo la figura di Dio nell’Antico Testamento. Mosè ha scatenato delle rivolte, ha fomentato gli Israeliti alla ribellione, ma ha ottenuto scarsi risultati… Allora Dio decide di intervenire di persona, scatenando un putiferio di castighi divini. Mosè ribatte, è preoccupato per gli egizi (e non sa che pure gli ebrei andranno a rimetterci di brutto), ma Dio sentenzia che sono 400 anni che aspetta… che la schiavitù deve finire, e via così. Senza girarci intorno, il succo è che vuole prenderli a sberle. Sembrerebbe l’unica soluzione. Ora detta così, ve lo dico, mi sarei schierato senza indugi apertamente dalla parte degli Egiziani, perché un Dio che non si fa scrupoli nello scagliare flagelli divini a destra e manca proprio simpatico non è… Per di più, senza un minimo di escatologia che spieghi la storia della salvezza, che senso ha liberare un popolo dalla schiavitù quando sul resto del pianeta di schiavi se ne trovano a iosa??? Il popolo ebraico è meglio degli altri? Pure ammettendo che sia così – sti cavoli del razzismo! -, se lo scopo è salvare gli ebrei da un’umanità pagana e malvagia, non si farebbe prima a scatenare un altro Diluvio, mettendo tutti gli ebrei su di un’arca? Boh, nel film tali riflessioni non hanno importanza.
C’è pure chi ha cercato di vedere nelle scene del film di Scott che ritraggono Jeshua come un testimone che osserva di nascosto Mosè parlare da solo, l’indizio di un trauma alla testa e del conseguente delirio che avrebbe così dato voce ad un dio-bambino vendicativo e capriccioso, frutto forse di un giustizialismo inconscio. Peccato però che le psicosi da sole non siano sufficienti a spiegare le dieci piaghe d’Egitto e il miracolo del Mar Rosso, quindi l’intera storia dipinta dal film; e tali interpretazioni, per quanto possano risultare accattivanti per i più
materialistiOd antiteisti., sono essenzialmente fuffa.
Il grande assente del cinema dedicato all’Esodo: Il diavolo
È quasi una regola non scritta del cinema: niente magia e nessun riferimento al demonio nei film dedicati all’Esodo. Abbiamo così i maghi prestigiatori nel film della DreamWorks,”Il principe d’Egitto“, o della miniserie televisiva di Robert Young, mentre in quello di Scott semplicemente l’unica maga-sacerdotessa del film viene ammazzata direttamente da Ramses dopo che, invano, ha passato parecchi giorni a cercare di purificare le acque color sangue del Nilo. Dunque nessun fenomeno soprannaturale che possa essere riconducibile alle forze del male.
Ma chi era davvero Mosè?
Beh, certamente non era un generale egiziano spaccattutto ed ateo, ma un poveraccio che si sentiva un pesce fuor d’acqua sia fra gli Egiziani che tra gli Ebrei. Sì, perché diversamente dal film di Scott, tutti, ma proprio tutti sapevo delle origini ebraiche di Mosè! Niente segreti od oscure profezie pagane, la vita di Mosè era parte del gossip locale… Pertanto i primi, gli egizi, lo vedevano come un “ebreo adottato” od “addomesticato” dalla sorella del Faraone Seti; i secondi, gli ebrei, come il fortunello che fa la vita da nababbo nel palazzo reale mentre il resto dei suoi consanguinei si spacca la schiena ogni santo giorno. Oltretutto Mosè aveva un problemino non da poco: era balbuziente, in quanto non poteva spiccicare due parole senza farsi aiutare dal fratello Aronne, le cui notevoli capacità comunicative erano evidentemente qualcosa che Mosè proprio non possedeva… Quindi non era nemmeno il profeta gagliardo interpretato da Charlton Heston ne “I dieci comandamenti”. Non sappiamo invece come fosse Ramses, ma una cosa è certa: un tipo considerato un dio in terra, a capo della nazione più potente del mondo – in quel preciso momento storico –, non credo sia azzardato pensare che fosse assai più appariscente, sicuro di sé e carismatico rispetto ad un Mosé affetto quasi da mutismo. Ritorna il paradigma di sempre, di cui avevo già parlato nell’articolo “E se lo “sfigato” fosse il vero eroe anche nella realtà?“, quello del superfigo contro il povero sfigato, alias povero in spirito (Mt 5, 3), di cui ogni storia che si rispetti ha parlato. Non solo quelle bibliche come Davide e Saul, ma anche quelle dei fumetti più celebri, di cui senz’altro “Naruto” è una delle più riuscite ed efficaci dei nostri giorni.
È bene sottolineare una cosa: Mosè avrebbe potuto farsi gli affari suoi, continuando la sua vita nei lussi del palazzo, ma continuò a provare pietà per le disgraziate condizioni degli ebrei. Fu proprio questo che lo portò a cercare di aiutare i suoi fratelli a costo di rischiare la vita (Esodo 2, 12-15). Dopo essere stato condannato a morte per aver ucciso un egiziano – altro che generale, uomo del destino e “fratello del Faraone”, Mosè in Egitto valeva quando il due di picche! – fuggì nel paese di Madian, dove si sposò con la figlia del sacerdote locale e mise su famiglia.
Passarono molti anni, diversi decenni, e Dio si manifestò a Mosè sul monte Oreb.
È tutta lì la questione: chi sono io per salvare la situazione? Dio gli risponde:
Il senso profondo del Libro dell’Esodo è tutto in questo dialogo. Mosè è vecchio, stanco, disilluso e rassegnato ad una vita mediocre. Ma ha capito una cosa fondamentale e tutt’altro che scontata: è un poveraccio che da solo non va da nessuna parte. Per quanto lo desideri, non ha il potere di cambiare le cose. Questa consapevolezza, quest’accettazione della propria miseria, è quella che la Chiesa chiama da sempre umiltà. Nel film “Il principe d’Egitto” non a caso all’umiltà viene dedicata addirittura una canzone. Solo nel momento in cui Mosè diventerà a tutti gli effetti un povero in spirito, vuoto di sé e di ogni stupida presunzione umana, saprà essere quel recipiente in cui lo Spirito di Dio può fermarsi ed operare prodigi. Dio glielo dice chiaro e tondo: “Ci penso io, tu devi solo affidarti a me!”. Così Mosè dopo aver finalmente rinunciato ad ogni sciocca pretesa di essere quella parodia dell’eroe che risolve la situazione a colpi di buona volontà, può perseguire la vocazione a cui si sentiva da sempre chiamato: liberare il popolo di Israele dalla sua schiavitù.
Conclusione: Il vero volto di Dio
Senza lo Spirito Santo siamo tutti solo “carne e sangue”. L’uomo senza un’intima relazione con il suo creatore è solo una bestia intelligente, che però si differenzia dalle altre creature per un’aberrante propensione al male del tutto estranea al volere di Dio. Ma Lui ama lo stesso l’uomo decaduto e desidera ardentemente accoglierlo nella sua famiglia: La Chiesa. Per operare tutto ciò scelse il popolo ebraico, il più naturalmente adatto ad accogliere il Verbo. Non di meno Dio ama tutti i popoli della terra, ed amò anche gli Egiziani. Per questo scelse Mosè, un ebreo che aveva una relazione speciale con la famiglia reale d’Egitto: Dio voleva entrare in relazione con il Faraone e renderlo partecipe del suo piano di salvezza. Eh sì, può sconvolgervi, perché lontano dalle solite letture dell’Esodo, ma era questo il volere di Dio. Tuttavia il Faraone indurì il suo cuore sotto l’influenza del principe di questo mondo e montò in superbia, opponendosi a Dio con tutto se stesso. (Però, fate attenzione, leggendo la Bibbia a molti potrà sembrare il contrarioAd esempio, in Esodo 7, 3 può sembrare che la malvagità del cuore del Faraone sia volontà di Dio. Senza arrampicarsi sugli specchi, Dio non indurisce una persona per poi la punirla a causa del suo indurimento. Questa “incongruenza” è, secondo alcuni, dovuta ad un problema di traduzione del testo, ma questo richiederebbe un più serio approfondimento., che il colpevole dell’indurimento del cuore del Faraone sia Dio, mentre furono piuttosto le stregonerie dei maghi di corte, permesse da Dio per dimostrare la sua potenza sulle forze degli angeli ribelli, a fare intestardire Ramses. Mosè fu più volte inviato da Dio a cercare di far ragionare il Faraone, di persuaderlo, ma non bastò… L’assenza di questo accorato appello, di un Dio che fino all’ultimo istante cercò di non alzare la Sua mano contro il paese d’Egitto è, da un punto di vista prettamente cristiano, una gravissima mancanza di “Exodus – Dei e re”. Nel film di Scott mancano le due cose più importanti della storia: un umile uomo che diventò un potente strumento nelle mani di Dio e un Dio che fino all’ultimo cercò di entrare in relazione con un uomo che si considerava un “dio in terra”.
Per questa ragione, secoli dopo, Maria dirà nel Magnificat (Luca 1, 46-55):
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