Riconciliazione, l’illustre sconosciuta
L’altro nome della Confessione è “Riconciliazione”. Lo sapevate? Scopriamo perché!
Ragazzi, diciamocelo: fra tutti i sacramenti la Confessione è proprio quello che ci sta di più sullo stomaco! Perché Battesimo, Eucarestia, Cresima, Matrimonio e Ordine segnano sempre momenti di gioia, mentre l’ Unzione degli Infermi, pur se legata al momento della malattia o del distacco – se tutto va bene momentaneo – da un nostro caro, porta a quest’ultimo sempre grande liberazione e conforto.
La Confessione, al contrario, rimane un sacramento a cui è davvero difficile accostarsi. E non solo per noi cattolici, a quanto pare, dato che i nostri fratelli protestanti l’hanno bypassata senza troppi rimpianti XD ! Anzi, la tentazione, anche per chi va a Messa tutte le domeniche e si direbbe un cattolico convinto, è spesso proprio quella di pensare “Ma io mi confesso da solo parlando con Gesù dentro di me”…
La Confessione ci pesa? Mai sentito parlare di “Riconciliazione”?
Ma perché è così difficile accostarsi a questo sacramento? Io penso di avere qualche ipotesi. In primo luogo, il modo in cui è stata presentata e intesa (o meglio travisata) per tanto tempo la Confessione di certo non aiuta. Già il termine “Confessione” si allaccia al significato di “ammettere, rivelare qualcosa di intimo” (il che non è sempre piacevole), per non parlare poi di “Penitenza”! Non tutti, sanno, invece che l’altro nome della Confessione, è “Sacramento della Riconciliazione”. Scommetto che questo ci piace di più Personalmente credo sia il più bello ed anche il più preciso. É il più preciso perché riassume in sé tutto il sacramento nelle sue varie fasi, mentre gli altri due termini -Confessione e Penitenza- falliscono nel coglierne la vera essenza, riferendosi solo ad una fase del processo che ci porta alla riconciliazione con Dio. La parola “Confessione”, infatti, pone l’accento solo sul momento in cui appunto confessiamo le nostre mancanze ed i nostri sbagli al sacerdote, mentre “Penitenza” ci fa pensare soltanto al pentimento per averli commessi.
Ma ragazzi, il Sacramento della Riconciliazione è molto di più!
“La Confessione se l’è inventata la Chiesa”. Si, e Gv 20, 23 l’ha detto Topo Gigio
Sono diversi i passi delle Scritture (e non solo) che potremmo leggere per capire meglio il senso di questo sacramento, ma siccome presumo che abbiate una vita e degli impegni XD, mi limiterò a riflettere solo su tre di essi.
Prima di riflettere sul primo, occorre una breve premessa. Spesso si sente dire che il sacramento della Confessione è stato “inventato” dalla Chiesa, la quale vorrebbe con ciò arrogarsi il diritto di giudicare -e reprimere- i fedeli. Ovviamente non è così. Innanzitutto è stato Gesù in persona ad istituire il sacramento della Riconciliazione, così come è stato Lui ad affidarlo alla Chiesa. Vediamo come e quando.
Siamo nel Vangelo di Matteo. Gesù sta insegnando ai suoi discepoli ed il momento è molto delicato perché tra poco annuncerà per la prima volta che dovrà soffrire molto ed essere ucciso per la salvezza di tutta l’Umanità. Che fa una persona prima di morire? Lascia un’eredità e un testamento. Ed è esattamente quello che fa Gesù, che lascia ai discepoli un’eredità di insegnamenti da diffondere ed un testamento spirituale, istituendo la Chiesa ed affidandola a Pietro (Mt 16, 18-19).
E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli.
I discepoli – cioè i primi sacerdoti – guidati dal primo papa della storia, ricevono da Gesù il compito di liberare dal peccato confessato coloro che chiedono perdono a Dio ed alla Chiesa. Il verbo “assolvere” viene infatti dal latino “absolvĕre” , che significa slegare, sciogliere, liberare.
Ma non finisce qui. Perché con infinita tenerezza (e siccome i discepoli a volte erano un po’ duri di comprendonio XD ), Gesù torna loro per ripetere nuovamente questa cosa, che evidentemente gli sta particolarmente a cuore (di sicuro non vuole vederci arrivare “nei Cieli” un giorno, con tutta la zavorra dei nostri peccati ancora legata addosso)… Stavolta siamo nel Vangelo di Giovanni, in un momento ancora più delicato del precedente, ossia dopo la morte di Gesù, evento che aveva lasciato i discepoli distrutti, increduli, scoraggiati e soprattutto rintanati (spiritualmente e fisicamente) per la paura di seguire la sua stessa sorte. Gesù torna con lo scopo di mandare i suoi discepoli per il mondo a diffondere il lieto annunzio e…siccome la questione del legare e dello sciogliere poteva rimanere un po’ troppo difficile XD la ripete con altre parole (Gv 20, 21-23).
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Non a caso, altro nome con cui la Chiesa chiama la Riconciliazione è “Sacramento del Perdono”. Non si deve travisare, però, una cosa importante: nel momento in cui il sacerdote ci assolve, non è lui come persona (limitata, peccatrice) che ci sta perdonando. In quel momento il sacerdote è Cristo, che avendo preso atto del nostro pentimento per aver fatto qualcosa di sbagliato (contro la comunità, contro un fratello, o perché no, contro la nostra dignità umana), ci assolve, cioè ci libera da tutta quella sofferenza! Prima di confessarci infatti, abbiamo sicuramente fatto qualcosa il cui pensiero ci ha fatto stare male per ore, per giorni (e in molti casi per anni): abbiamo sofferto noi, probabilmente, abbiamo fatto soffrire qualcun’altro, ci siamo vergognati di quell’agire, forse abbiamo disprezzato noi stessi, poi abbiamo iniziato a pentirci e probabilmente a sentirci in colpa. Quindi mi domando: si può rimanere con tutto questo dolore dentro e fuori di noi? O meglio: ha senso farlo quando Qualcuno può liberarcene? Non credo. L’unica scelta sensata è quella di cancellare tutto e farsi perdonare, in modo da poter perdonare noi stessi e ricominciare da capo.
A cosa serve essere perdonati
Ma perché non basta semplicemente pentirsi dentro di sé? Bhe, scusate, così mi pare un po’ troppo facile! Riflettiamo un secondo: il peccato altro non è che l’allontanamento da Dio e la rottura della Comunione con Lui. Ipotizziamo che una persona che amate molto vi faccia del male: litigate e non vi sentite per un po’ (perché magari questa persona è anche orgogliosa…). Per recuperare il rapporto basta che questa persona venga da voi facendo finta di niente (perché in cuor suo pare si sia pentita dell’errore) oppure vorreste che vi venisse vicino e vi dicesse “Ho sbagliato facendoti questo e questo, perciò ti chiedo scusa?“. E se delle scuse le desideriamo noi, perché non dovrebbe meritarle anche Dio? Lui non chiede altro se non che noi ci riconciliamo con Lui (2 Cor 5,20) anche perché il peccato nuoce principalmente a noi stessi e chiama altro peccato e la sofferenza che esso genera, altra sofferenza (pensiamo anche a chi ci sta intorno). Ricordiamoci sempre che non esiste conversione senza Riconciliazione. Dio non vede l’ora di darci la forza di ricominciare!
E poi attenzione anche su un altro punto! Non è che Dio esige le nostre scuse perché è pedante o ne ha bisogno! Siamo noi che abbiamo bisogno del suo perdono. Questo perché per la Riconciliazione è necessaria per accostarsi all’Eucarestia, vera Comunione con Dio (da cui “farsi la comunione”), conditio sine qua non per la nostra salvezza. E mi dispiace deludere qualcuno, ma nemmeno questo se lo è inventato la Chiesa XD (Gv 6, 53-54).
Saper mettere da parte l’orgoglio, l’unico merito del figliol prodigo
Diciamo perciò con sincerità che l’ostacolo maggiore nell’accostarci al sacramento della Riconciliazione è il nostro orgoglio: dire ad alta voce dove, quando e come abbiamo sbagliato ci brucia, perché ci siamo costruiti un’idea di noi stessi come persone a modo e rispettabili e quando ci accorgiamo di aver commesso delle azioni che sbugiardano la maschera che ci siamo incollati in faccia, allora ci arrabbiamo. E qui arriva la tentazione numero due, che è anche peggiore del peccato precedente. Siccome ci dà fastidio ammettere che siamo dei bugiardi prima di tutto con noi stessi, ecco che iniziamo a sminuire l’errore fino, a volte, ad autoassolverci per evitare la Confessione. Non confessandoci, quest’errore si ripete così tante volte che alla fine ci ri-convinciamo per comodità di essere delle brave persone.
In fondo…non uccido, non rubo…”(1 Gv 1, 8-9). La maschera è di nuovo lì. E chiunque tenti -anche per il nostro bene – di smascherarci (un amico, un genitore, un fidanzato,un sacerdote…) diventa il nemico numero uno. Ed è come il ritratto di Dorian Gray: più la nostra maschera diventa bella fuori, più la nostra vera anima, dentro, marcisce.
Il punto quindi è: quale pensiero ci fa superare l’orgoglio e la paura dell’essere giudicati? L’Amore di Dio. Alla fine è sempre quella la risposta, il centro di tutto. E per farcelo capire, Gesù utilizza -fra le altre- la famosa parabola del figliol prodigo (Lc 15, 11-32). La conoscono anche i sassi, ma vi consiglio di rinfrescarvela. Intanto vi do un aiutino: l’altro nome della parabola del figliol prodigo è “Parabola del padre misericordioso” Tenevi forte perché qui Dio ci sconvolge proprio con tutta la sua potenza d’amore. É come se ci dicesse “La tua logica non potrà mai arrivare a comprendere il mio amore, fattene una ragione! “.
Sinceramente, quando ero piccola tifavo per l’altro figlio XD … Infatti, mi dava un gran fastidio il fatto che quello che aveva sperperato i soldi del padre con le prostitute diventava il “figliol prodigo” e invece il figlio “buono” non veniva “premiato”. Sapete perché? Perché ero uguale al figlio “buono”! Una rosicona! Cioè uno che crede di essere buono perché fa quello che gli dice il padre (lavora nei campi, fa il primo della classe, ecc, ma magari lo fa controvoglia e con il muso) e invece di gioire perché il fratello scapestrato è tornato e il padre lo ha perdonato… rosica! Un sacco di cristiani hanno la sindrome del fratello rosicone: magari stanno attenti a non infrangere le “leggi” e quindi si credono delle persone senza peccato, mancando di comprensione e amore, poi, quando un loro fratello che “vive in modo dissoluto” torna a casa e tutti i peccati gli vengono perdonati in una grande festa, si fanno verdi d’invidia! Dov’è tutta quella bontà, ora? Non c’è. E forse non c’era mai stata: un’altra bella maschera.
La verità è che Dio non ragiona come noi (e meno male)! Il suo amore vince tutto, anzi vince il peccato. Però dobbiamo volerlo. Dobbiamo volere che Dio cancelli il nostro peccato e chiederGli di farlo!
Mi fa sorridere molto il punto in cui il figlio “cattivo” in mezzo al fetore dei porci (quando hai l’anima marcia, puzza di brutto…) si prepara tutto il discorso da fare al padre:
Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio.
Ecco il momento dell’esame di coscienza e del sincero pentimento per aver sbagliato. Salvo che poi il padre, appena lo vede da lontano, per la gioia non lo fa nemmeno parlare! Gli si getta al collo e lo bacia! La tenerezza di Dio!
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Solo dopo il figlio ammette (confessa, appunto) di aver sbagliato contro il Cielo e contro di lui. E il padre nemmeno gli risponde (qualunque padre “umano” avrebbe detto, anche bonariamente, “Eh bhe, in effetti hai sperperato i miei soldi con le prostitute”). Dice invece «facciamo festa». Ecco la Riconciliazione, il “fare pace con Dio”. Dio è così. Non rinfaccia. E fa festa soprattutto per i figli scapestrati (con buona pace dei figli rosiconi XD ). Notiamo bene, infatti, che il peccato non ha una dimensione soltanto individuale, ma ricade su tutta la comunità. Ecco perché quando il figliol prodigo torna a casa viene rivestito e riaccolto da tutta la famiglia (cioè la Chiesa) con una festa. Gesù lo aveva già detto:
Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione ~ Luca 15, 4-7
Facciamo pulizia!
Concludo con un pensiero nerd (non poteva mancare ). Un simpaticissimo sacerdote della mia parrocchia, per spiegare la confessione, ha accostato i peccati accumulati alla cronologia del browser XD. Lui insiste sempre sul fatto che bisogna fidarsi della Misericordia di Dio e della sua bontà. Quando un peccato è confessato, infatti, è cancellato per sempre. Gesù ha già pagato quel peccato con il suo sangue e se noi abbiamo l’umiltà di dire come il figliol prodigo “Padre ho peccato contro di te” non dovremo più preoccuparcene! Pensate: più il peccato è grave o vergognoso, più grande sarà il senso di liberazione!
Quando qualcuno ci fa un torto, anche se noi lo abbiamo perdonato, a volte ci torna in mente il fastidio che ci ha provocato. Dio, invece, dimentica quel peccato e la nostra anima torna pulita: la cronologia è completamente vuota. L’anima si risporca con qualche altro peccato? No problem, torneremo a cancellare la cronologia nel confessionale.
Quindi, così come scarichiamo gli antivirus e quei bei programmini per eliminare tutti i dati e riparare gli errori che rallentano il computer, preoccupiamoci ogni tanto anche della manutenzione della nostra anima. E Occhio ai worm! Certi peccati, infatti, si riproducono e infettano anche le altre persone! E non abbiate paura se avete l’anima già in decomposizione! Dio è l’antivirus più potente. Lanciamo un’analisi completa con un bell’esame di coscienza e lasciamo che Gesù faccia pulizia nella nostra anima.
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