Quando c’era Marnie – Recensione
Un film di animazione dedicato all’amore incondizionato
Arriva (finalmente!) al cinema “Quando c’era Marnie“, che si trova ad essere, almeno per un po’, l’ultimo lungometraggio firmato dallo Studio Ghibli.
Il film, uscito lo scorso anno in Giappone, è scritto e diretto da Hiromasa Yonebayashi (“Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento“), che ha adattato il bellissimo romanzo “When Marnie Was There“, pubblicato nel 1967 dall’autrice inglese Joan Gale Robinson.
Ho avuto modo di vederlo alcuni mesi fa e mi è piaciuto davvero molto.
Un adattamento azzeccato
Adattare “When Marnie Was There” al formato cinematografico, e per un pubblico giapponese, non sembrava un compito banale. Il libro, ambientato in un paesino della contea di Norfolk, è permeato delle atmosfere di quella particolare regione dell’Inghilterra: le descrizioni dei paesaggi, il sistema di relazioni, e persino il modo di esprimersi dei personaggi cala il lettore in un mondo molto ben definito. Inoltre, lo stile in cui la storia è narrata è poco adatto ad una trasposizione in un formato diverso da quello cartaceo.
Yonebayashi ha scelto di ambientare, molto sapientemente, tutta la storia in un villaggio vicino al mare ad Hokkaidō, l’isola più settentrionale del Giappone. Si tratta di una zona molto vicina a Norfolk, tanto nei paesaggi quanto, con i dovuti adattamenti, nello stile di vita.
Inoltre, l’autore ha riscritto completamente la sequenza con la quale gli eventi vengono narrati. Questo ha comportato la perdita di qualche dettaglio, ma ha reso la storia molto più adatta al cinema, migliorandone anche diversi aspetti. In particolare, Yonebayashi accompagna lo spettatore verso il finale con una grazia che non è propria del libro, rendendo la storia molto più armonica.
La storia di un’amicizia
“Quando c’era Marnie” parla, prima di tutto, della storia di amicizia tra le due bambine Anna e Marnie.
Anna è una dodicenne orfana di Sapporo, molto introversa, che vive un rapporto difficile con Yoriko, la madre adottiva. Per curare l’asma, viene mandata in vacanza in un paesino vicino al mare, ospite di alcuni parenti. La sua ricerca di solitudine e di fuga dai giovani del paese con i quali non riesce a relazionarsi, la porta ad amare una grande villa disabitata al di là di un acquitrino percorribile a piedi solo con la bassa marea.
È lì che, improvvisamente, compare Marnie. Figlia di una famiglia borghese con uno stile che sembra appartenere al passato, Marnie è una coetanea di Anna e abita nella grande villa. La vita di Marnie, nonostante l’agiatezza, non sembra per nulla semplice, e anche lei si trova ad essere sola e con pochi amici dei quali non sa neanche fidarsi troppo.
Tra le due inizia un’amicizia totalizzante, messa in scena alla perfezione dal regista. Poche volte ho visto raccontare così bene quel rapporto di amore incondizionato, e allo stesso tempo profondo ed ingenuo, che si instaura tra chi scopre l’amicizia per la prima volta.
Le uscite furtive per vedersi, l’’apertura nel parlarsi, l’ansia ne momenti in cui Marnie, inspiegabilmente, manca, sono tutte rese in maniera meravigliosamente credibile.
La storia di una famiglia
Attraverso l’amicizia con Marnie e rendendosi conto, man mano, della sua identità e del perché delle sue sparizioni improvvise (no, non è banale come sembra!), Anna scoprirà molto su sé stessa e sulla sua storia.
Capirà prima di tutto di saper amare e di poter essere amata, cosa che le servirà come chiave per riscoprire il rapporto con la madre adottiva e la complicata storia della sua famiglia. La scoperta delle sue radici porterà Anna ad avere in eredità la forza di affrontare la vita e di crescere, smettendo di rifugiarsi in sé stessa.
Una degna conclusione e una promessa per lo Studio
Se “Si alza il vento” è senza dubbio il film che contiene la vita e il testamento di Hayao Miyazaki, Quando c’era Marnie riassume in sé tutte le caratteristiche dei film più amati dello Studio Ghibli. È una storia di formazione, che mostra allo stesso tempo le potenzialità che hanno i bambini per scoprire sé stessi, e l’importanza delle radici e di un passato che gli adulti non sempre sono in grado di trasmettere. Ed un film per un pubblico giapponese, ma in grado di piacere anche all’occidente e di insegnargli molto.
Inoltre, è un’opera di Yonebayashi. Le analogie con “Arrietty” sono molte, dalla semplice origine inglese della storia al modo di narrare molto più affine alla sensibilità occidentale per le fiabe rispetto a Miyazaki. E, chissà, Yonebayashi, tra i piú giovani autori Ghibli, potrà dare un futuro allo Studio, raccogliendo l’eredità, se non del nome, almeno dello stile del grande maestro.
Marnie uscirà al cinema il 24, 25 e 26 agosto, per arrivare alcuni mesi dopo in home video, nella solita modalità distributiva della Lucky Red per il materiale ghibliano. L’adattamento italiano è del solito Gualtiero Cannarsi, sulla base della traduzione di Manuel Majoli.
Commenti da facebook
28 Agosto 2015
Gran bello. I fondali sono quadri e sono very english. Consueta atmosfera d’innocenza perduta e di nostalgia per una comunità a misura d’uomo (i temi cardine di Ghibli).
Però hanno veramente squarciato il mistero senza grazia: lo “spiegone” finale è saccarinico, per nulla necessario, frettoloso e quindi stucchevole, quasi che il regista dubitasse della nostra capacità di capire e immaginare il resto della vicenda (poteva benissimo essere suggerito discretamente)