Inside Out – recensione
Le emozioni prendono vita, e la vita acquista emozione
Perché gli esseri umani possono essere tristi? A cosa diavolo serve la tristezza nella nostra vita?! È una cosa ben strana! Dio non poteva crearci in modo che fossimo sempre felici? Sarebbe stato tutto molto più facile. Ve lo siete mai chiesti? Beh, quelli della Disney-Pixar se lo sono chiesti eccome. E ci hanno pensato su alla grande. E una volta trovata la risposta, ne hanno fatto un film. E questo film si chiama “Inside Out“. E io ve ne consiglio caldamente la visione.
Un film che può piacere a tutti
Non aspettatevi il solito lungometraggio per bambini, perché questa storia, come quasi tutti i film firmati Disney-Pixar, bisbiglia qualcosina anche negli orecchi di noi adulti. Gli stessi autori della storia, a un certo momento, hanno avuto il timore di aver esagerato e non erano sicuri che un pubblico di bambini avrebbe potuto comprendere appieno la vicenda. Ecco le parole di Pete Docter, regista e sceneggiatore del film, tratte da una bellissima intervista:

Uno dei momenti più esilaranti del film: Riley a tavola con la sua famiglia. Ok, da questa immagine pare il contrario!
Un viaggio nell’interiore

Le espressioni facciali di Riley sono volutamente esagerate per esplicare allo spettatore quale delle cinque emozioni in quel preciso momento guida la protagonista
La trama si divincola in un viaggio introspettivo divertente, temerario e molto cauto all’interno della mente umana di Raily, una bambina di undici anni del Minnesota che si trova costretta a traslocare improvvisamente con i genitori a San Francisco abbandonando così i suoi amici, la sua casa e il suo sport preferito, l’hockey. Ho detto “divertente”, perché posso con certezza affermare che vi sono delle battute veramente esilaranti: a qualcuna di esse ha riso di gusto perfino mio marito seduto accanto a me al cinema, e se lui ride guardando un cartone animato, allora vuol dire che quella scena fa davvero ridere. È una garanzia!
Il cervello umano viene trasformato in una grande azienda completa di operai che gestiscono la memoria a breve e a lungo termine; addirittura vi troviamo un’industria cinematografica di tutto rispetto per la fabbricazione dei sogni. Nella “Sala Comandi” principale della psiche troviamo cinque personaggini che ne combinano di tutti i colori: sono la rappresentazione umanizzata di Gioia, Tristezza, Paura, Disgusto e Rabbia, ovvero le principali emozioni che sperimentiamo e che condizionano le nostre scelte nella vita. Nel corso della storia, Gioia e Tristezza si ritroveranno a dover collaborare insieme prendendosi per mano per affrontare un viaggio abbastanza insidioso, ma parecchio formativo per entrambe. Poi ci sono le varie “isole” della Fantasia, del Pensiero Astratto, delle Paure Profonde… e via discorrendo. A dire il vero, forse avrebbero potuto far durare un po’ di più il film e approfondire meglio i meccanismi di queste aree e personaggi costruiti in maniera geniale, immaginosa e azzeccatissima. Il secondo aggettivo che ho utilizzato per la trama è “temerario”, perché ritengo che la scelta di una storia del genere sia piuttosto audace. Esaminare ciò che accade dentro di noi ci tocca profondamente, ci colpisce. È un argomento assai delicato e va affrontato con cautela. Paura, rabbia, disgusto, gioia e tristezza.
Sono emozioni che tutti noi abbiamo provato e proviamo continuamente nel corso della nostra vita, quindi ci aspettiamo di ritrovarle proiettate sullo schermo esattamente come ce le immaginiamo. Certo, ci sono stati anche dei commenti negativi su questo film: alcuni affermano che “la trama non è originale” (???), altri asseriscono che “non è abbastanza divertente” (perché, c’era forse un livello di comicità da raggiungere obbligatoriamente?), altri ancora abbassano il pollice dicendo che “è per bambini” (ma tesori miei, è della DISNEY!). E sono già partiti per la tangente i numerosi viaggi mentali nella mente dei fan più sfegatati: alcuni addirittura pensano che Riley sia la mamma di Andy in “Toy Story – Il mondo dei giocattoli” (effettivamente c’è una certa somiglianza, e il regista dei due film è lo stesso).

Per chi è già stato al cinema: non so se ci avete badato ma in tutto il film l’hockey viene pronunciato “oki”! Sembra quasi che il noto medicinale antinfiammatorio sia diventato una categoria olimpionica…
Conclusione
Non vi svelerò la morale finale della storia (che risponde alla domanda iniziale di questa recensione: “a che serve la tristezza?”), perché è meraviglioso e soprattutto commovente scoprirlo personalmente guardando il film. Concludo dicendo due parole sul corto Pixar “Lava”, che precede la proiezione di “Inside Out” sul maxischermo. Non mi è piaciuto molto, perché la trama è fondamentalmente inconsistente e la morale (“prima o poi l’amore arriva per tutti”) è banale. Dal punto di vista artistico però è interessante, perché innanzitutto colpisce molto l’inusuale staticità dei personaggi (due vulcani non possono muoversi più di tanto!), poi l’inaspettata canzoncina di sottofondo è veramente orecchiabile, basta ascoltarla una volta per non scordarla mai più. Inoltre la grafica, inutile dirlo, è spettacolare. Peccato solo per una cosa: in italiano è difficile cogliere il gioco di parole di “lava” e “love”…
Vorrei rivedere più e più volte “Inside Out”, vorrei coglierne tutte le sfumature e soprattutto le citazioni. Vorrei parlarvene ancora a lungo, ma ho paura di spoilerare troppo (non so se si era capito, ma io detesto gli spoiler!), quindi dirò solo questo: è un film che non delude, e se lo guardate con occhi attenti, potrebbe capovolgere le vostre prospettive.
Vi ringrazio per la lettura; buone emozioni!
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