Beati quelli che sanno ridere di se stessi, perché non finiranno mai di divertirsi.

— San Tommaso Moro

Luke Cage e gli eroi perdenti

Essere perdenti, essere eroi

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“Luke Cage” nella versione originale dei fumetti è un “eroe a pagamento”, che poi cambia è diventa un vero eroe

A volte le due cose possono coincidere, perché? Ve lo spiego grazie a telefilm di “Luke Cage“.

Luke Cage, come saprete se avete visto la serie o letto il fumetto, è un uomo indistruttibile, le pallottole rimbalzano sul suo corpo come palline da ping pong, solleva quintalate di macigni e spezza ossa come fossero grissini. Eppure, la vita di Luke è modesta, anzi fatica a pagare l’affitto, fa le pulizie da un barbiere e il lavapiatti in un locale, diciamolo, agli occhi del mondo è visto come un perdente, come uno che ha fallito.

Sicuramente nella mentalità americana il binomio “vincente” e “perdente” è molto forte, ed è un messaggio che trapela un po’ in tutti i film o telefilm americani. La storia dello sfigato/a bullizato/a che poi diventa figo/figa e spacca il c*** a tutti ci è ben nota. Ma anche nella nostra società più o meno la visione è la stessa, solo che invece del famoso “Ehi campione!” dai nostri genitori ci siamo beccati solo incoraggiamenti tipo “hai fatto solo la metà del tuo dovere”, pure avendo vinto i campionati mondiali di triplo salto carpiato con piroetta (si lo so, non esiste), o almeno sicuramente è quello che si è sentito dire una buona parte della mia generazione. XD

Ma che vuol dire essere vincenti? ~ Qualsiasi persona che non è Yankee

Sicuramente nella mentalità comune è avere un bel lavoro, un buon tenore di vita e tutto quello che ne concerne e soprattutto, la stima altrui. E sotto sotto pensiamo che chi ha una vita “fallita”, ovvero che non rispetta questi canoni, un po’ se lo merita, o meglio, non si è meritato una vita migliore di quella. Ma è davvero cosi importante avere tutte queste cose? C’è un modo diverso di essere “vincenti” che potrebbe darci una risposta.

Paradossi

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Luke insieme al personaggio di Pop: ex delinquente che cerca di tirare fuori dalla strada i ragazzi del quartiere

Ma torniamo a Luke, insomma lui ha questi super poteri spacca tutto, ma non li usa né in bene né in male, a lui non frega niente di essere vincente inteso nel senso comune (ma pure in altri sensi), è uno che si vuole fare gli affari suoi, vuole vivere una vita tranquilla, senza problemi, solo che sceglie un quartiere malfamato per farlo (della serie, eh però un po’ te le cerchi!), quindi si ritrova in mezzo a sparatorie e omicidi pure se non vuole. Messo di fronte all’ingiustizia è costretto a fare una scelta: usare i suoi poteri per aiutare le persone o continuare a farsi gli affari suoi. Ovviamente sceglie la prima.

Quindi diventa vincente ora, mi direte. Ma proprio per niente…

Quest’anno per la ricorrenza di Cristo Re c’era questo vangelo: Lc 23, 35-43

In quel tempo [dopo che ebbero crocifisso Gesù], il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Mi ha colpito che abbiamo scelto un passo del genere, perché lui è sulla Croce impotente, il nostro Re è uno appeso a una croce. A gli occhi del mondo perde, eppure vince perché risorge, è fantastica questa cosa se ci pensate, Gesù ci salva perdendo.

Io credo che questo paradosso sia un po’ quello che capita a tutte quelle persone che scelgono di fare il bene con il proprio talento. Luke fatica ad accettare il suo dono, si sente un mostro. Di base non accetta la sua storia, vorrebbe una vita normale, invece no, è chiamato a una vita diversa da come l’aveva pensata. Ma oltre agli eventi, alla base del cambiamento di Luke c’è la figura di Pop, il suo datore di lavoro. Il negozio da barbiere di Pop, infatti, è un centro di ritrovo per i ragazzi della zona, una boccata d’aria pulita in mezzo allo smog per cosi dire. Pop diventa un amico e soprattutto un mentore per Luke, che lo accoglie come un figlio e gli dà l’opportunità di ricominciare.

Pop: “Non sapevo fare niente di niente quando sono uscito (dalla prigione, ndr), sarai potuto tornare sulla strada…”
Luke Cage: “Ma non eri più quello di prima…”
Pop: “Non lo ero e non lo sono, è la sfida che affronto ogni giorno, non essere più quella persona! […] Dovevo espiare le mie colpe, cosi ho aperto il negozio. Cosi i giovani sbandati avevano un posto dove stare.”

Giù la maschera!

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Luke Cage è interpretato da Mike Colter. Il telefilm è davvero ben realizzato. Merita★★★★★!

Quando finalmente Luke accetta la sua storia, grazie soprattutto alla fiducia riposta in lui da Pop, inizia a usare i suoi poteri per il bene, ma diversamente da altri eroi lui non ha maschere o tutine attillate, ci mette la faccia, rischia tutto (e tutti), lui che è fortissimo si rende paradossalmente vulnerabile.

Tutti abbiamo dei talenti, magari non spacchiamo porte blindate a pugni, ma avremmo sicuramente altre qualità. Molto spesso usare questi talenti per fare del bene prevede una certa dose di coraggio, perché si può dover fare scelte difficili o scomode, scelte che prescindono dal proprio di bene, e per farle ci si deve mettere la faccia, perché anche noi come Luke Cage non indossiamo maschere o tutine attillate. Quindi diciamoci la verità, fare il bene è rischioso, bello sì, ma molto più complesso di quello che si pensa (sicuramente lontano dall’idea di buonismo odierna), perché bisogna mettere in conto una cosa tremenda da accettare per chiunque: bisogna mettere in conto di perdere. Mi viene in mente il Vangelo di Giovanni 12, 24-26:

Nome: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.”

Conclusione

Beh, è questo che siamo chiamati a fare noi cristiani, mettere in conto che possiamo perdere, soprattutto agli occhi del mondo possiamo sembrare sconfitti, per gli eroi veri vincere è un’altra cosa, per gli eroi vincere è amare cosi tanto da perdere. Noi siamo chiamati ad essere gli sconfitti che vincono.

Che dire, evviva i paradossi e abbasso le tutine attillate!

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Author: Debby Pac

Cultura cattolica: “L'essenziale è invisibile agli occhi”, questa frase tratta da “Il piccolo principe” riassume il sentore che mi ha accompagnata fin dall'infanzia. Essere cattolica, fa parte di un percorso, fatto di alti e bassi, di dubbi e scoperte stupende, è stato (ed è), una continua ricerca, dove alla fine scopri di essere tu quella “cercata”, e ogni giorno diventa una scoperta di questo amore cosi immenso e di se stessi. Cultura nerd:Sono una graphic designer e un'illustratrice, ho studiato in una scuola di fumetto e disegno fin da quando ho memoria. Questa passione è stata accresciuta dagli anime e dai manga e sono una fan sfegatata di Miyazaki. Crescendo mi sono appassionata anche ai fumetti occidentali, sopratutto francesi, e amo Leo Ortolani. Sono cresciuta con i videogiochi Nintendo (scroccati a mio fratello) e in fine mi piacciono i giochi da tavola o di carte (Lupus, Citadels, C'era una volta, ecc..).

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