“Io prima di te”: un amore senza speranza
Quando credi di vederti un film d’amore… e invece no
Qualche tempo fa ho costrett… ehm, convinto, il mio povero ragazzo a vedersi con me un film romantico, e così un po’ perché amo la saga di “Hunger Games” e l’attore che interpreta Finnick Odair, Sam Clafline, un po’ per dare il contentino al mio lui con l’attrice di Daenerys di Games of Thrones, Emilia Clarke, la scelta è ricaduta su “Io prima di te”. Sì, perché in fondo sono una romanticona e ogni tanto devo crogiolarmi nel dolciume dei film d’amore, più o meno trash che siano, non importa. E cosa ci può essere di meglio della tipica storia d’amore in cui lui fa un po’ lo scorbutico, la tratta male e lei con la sua fantastica personalità lo cambia, si innamorano e tante belle cose? È un classico, a noi ce piace da cambiare i cattivi ragazzii, entrare in modalità crocerossina, ma fatelo solo nei film… che la realtà non va mai così bene. Infatti il mio ragazzo è dolcissimo, al massimo se continuo a fargli vedere questi film potrebbe diventare un po’ meno gentile… ma questa è un’altra storia.
La trama
E cosi il film inizia, sembra tutto come previsto, tutto molto scontato… e invece no, verso la fine c’è il colpo di scena. Will Traynor è un giovane quadriplegico, ovvero è paralizzato dai piedi fino al collo. Prima che lo diventasse in seguito ad un incidente stradale era un ragazzo che aveva tutto, una vita perfetta all’apparenza: la ragazza più carina, tanti amici, i soldi, il successo nello sport e poi puff, perde tutto in un attimo e si ritrova malato e solo, la sua ragazza lo lascia e si mette con il suo migliore amico, gli amici si allontanano e gli rimane solo l’agiatezza economica che comunque lo aiuta nelle sua situazione. In poche parole questo ragazzo vive una tragedia. Ovviamente lui è arrabbiato, ma Louisa come dicevamo ha un carattere amabile e a poco a poco inizia a farlo stare meglio. Da un lato, grazie a Will lei impara a credere in se stessa e lui, grazie a lei inizia a sentirsi di nuovo un uomo. I due escono insieme, lui inizia a intravedere un barlume di luce nell’oscurità nella quale era circondato. Quindi c’è il lieto fine penserete. E invece no. No, no, mancopegnente… lui vuole ammazzarsi. Sinceramente chi se lo aspettava, ti aspetti che muoia per via dei problemi di salute (e in questo genere di film sentimentale è quasi scontato), ma non che decida di togliersi la vita. Ma è cosi, va in Svizzera e la fa finita. Da prima lei non è molto d’accordo, poi alla fine ce lo accompagna con somma tristezza.
Normalità, quella sconosciuta
Ultimamente si parla molto di eutanasia per via dei fatti recenti, ma non voglio entrare nello specifico di quest’ultimi, né fare discorsi per così dire faziosi o polemici. Parlerò per l’appunto del film e vi dirò perché ci sono rimasta male per questo finale. Chiaramente nessuno può capire, se non ci si è passati, una sofferenza così grande come quella del personaggio di Will, ma vedere il suo cambiamento in cui riprende vita, si innamora e riacquista gioia di vivere, stona leggermente con la sua successiva decisione di togliersi la vita, giustificata nel film dal fatto che nonostante i sentimenti per lei, lui non potrà mai darle la vita normale che merita. Perché decide di arrendersi? Will dirà: “Amavo molto la mia vita, ma questa non è la mia vita“, come biasimarlo del resto… Ma nonostante questo nel dolore scopre qualcosa di importante, qualcosa che non avrebbe mai trovato se non fosse stato in quell’inferno: l’amore. Eppure non basta, perché l’amore che vive con lei non potrà mai essere come lui vorrebbe. E cosi la decisione drastica, meglio che lei si rifaccia una vita con chi può darle questa storia d’amore cosi detta “normale”. Questa è la cosa giusta da fare per amor suo, pare.
Per carità, giusto aspirare alla normalità, ma davvero solo chi ha questa vita “normale” può essere felice? Non so come sia la vostra vita, ma la si può definire “normale”? Se intesa come uno standard di benessere e stile di vita secondo i canoni della nostra società credo che purtroppo pochi vi rientrino. Siete belli, in salute, avete una vita sentimentale perfetta, la famiglia del Mulino Bianco? Sinceramente la vedo proprio dura per tutti. La vita già inizia a regalarti sorprese, più o meno piacevoli, fin dall’inizio: non decidiamo dove nasciamo, né da chi, né come siamo esteticamente… la vita è tutto un enorme imprevisto e difficilmente va come vorremmo, che lo si voglia o no, è un fatto. E prima o poi arriva per tutti il momento del così detto del “palo in fronte” in cui ci accorgiamo ulteriormente che per quanto ci si possa sforzare a controllare le redini della propria vita, beh, lei fa un po’ come le pare. Will sbaglia, è proprio quella la sua vita.
Cosa fare quindi? Credo ci siano due modi di affrontare tale questione, una è appunto quella che ha Will, rifiutando la sua situazione di salute fino a credere che la cosa giusta da fare sia smettere di combattere, morire. L’alternativa invece, è accettare la realtà così com’è, anche quando non va come vorremmo. Mi rendo conto che senza la fede sia un discorso difficile, ma la fede cristiana dice una cosa che credo valga per tutti e che ha anche una logica: la nostra pace non deve dipendere da agenti esterni, perché altrimenti siamo come foglie al vento. È un po’ come il surf, se l’onda la cavalchi non ti travolge, ma anzi diventa la tua forza.
Vivere con dignità, sempre
Sarebbe stato molto più bello secondo me se i due si fossero amati nonostante tutto, allora anche quella terribile situazione avrebbe avuto un senso, lui avrebbe scoperto che non serve che tutto sia perfetto per essere felici, perché nonostante tutto siamo unici e irripetibili . Mi piace pensare che l’amore vada oltre, che anche nelle situazioni più spiacevoli siamo degni di essere amati e che la vita sia meritevole di essere vissuta. Con questo non dico che sia necessariamente piacevole, ma che ci sia una gioia che esuli dalla condizione materiale e che vada in tutti modi cercata. Quando lui cambia sguardo sulle cose comincia anche a vedere quello che prima non considerava, come questa ragazza, che con il suo stile di vita precedente non avrebbe mai calcolato (ne parlano anche nel film). Perché è cosi, la sofferenza a volte ci apre gli occhi e ci fa cercare un senso. Lui però alla fine non lo trova questo senso, avrebbe potuto dare ancora molto al mondo ma decide che la vita non è degna di essere vissuta cosi, in quel modo. Lo trovo comprensibile sì, ma comunque molto triste. Quello che vorrei dire è che c’è una strada diversa: accettare la vita così com’è perché a tutto c’è un motivo, scrollarsi le aspettative che abbiamo per vivere il presente, perché con la nostra vita siamo chiamati a fare qualcosa di grande. Un sacerdote di mia conoscenza li chiama “atti creativi che creano vita” anche là dove non sembrerebbe possibile. Ma solo Dio ci dà questa dignità e sicuramente può darci anche la forza, come tante storie di santi ci fanno ben sperare, di cui vi cito alcuni esempi a me cari: Chiara Corbella, Maria Chiara Luce Badano. E pochi sanno che San Francesco d’Assisi scrisse il “Cantico delle creature“, famoso inno alla vita e sublime opera di spiritualità cristiana, mentre era a letto quasi completamente cieco, molto malato e di lì a poco sarebbe morto. Eppure lui lodava Dio ed ha amato fino all’ultimo respiro. Vi invito inoltre a vedere il bellissimo corto intitolato “Il circo della farfalla” che trovate su Youtube. Io spero che tutti possano sentire questa speranza nel proprio cuore anche nelle situazioni più difficili e dolorose e che possano nonostante tutto, continuare a combattere la propria buona battaglia
Commenti da facebook