Vi fu un tempo in cui facevi domande perché cercavi risposte, ed eri felice quando le ottenevi. Torna bambino: chiedi ancora.

— C. S. Lewis

La “spremuta” di San Francesco

Il ricordo vero del Padre ci salva in ogni momento

Il 4 ottobre, la festa di san Francesco di Assisi, un santo amato anche da chi non crede, di cui si è detto di tutto: figlio dei fiori, rivoluzionario, riformatore della Chiesa, vero cristiano, amante della natura, poverello austero, gioioso e giullare… Chi è un po’ nerd di francescanesimo, come me, discuterebbe per ore, ma tranquilli non è il momento. Per gli appassionati di Francesco il centro non è solo oggi bensì il 3 ottobre, giorno di memoria del transito di San Francesco.

Transito, questo sconosciuto.

E che cos’è? La prima volta che mi sono incontrato con la parola “Transito”, oltre a pensare a san Franscesco vestito da vigile, pensavo al ricordo di un passaggio di Francesco da un luogo particolare, la visita di un certo luogo, qualche miracolo e… invece no. Si tratta di un passaggio ben più significativo, quello dalla vita alla morte, o meglio dalla vita terrena a quella eterna.

La morte di San Francesco

Gioia e morte che c’azzeccano?

Macabri questi francescani, no? Così allegri coi loro balletti e la loro gioia, ma alla fine ricordano e celebrano la memoria della morte del loro santo. Come mai? Ricordo un prete dire che un frutto si giudica da cosa ne esce quando lo spremi: spremi un limone e avrai succo di limone. Così è la vita di un cristiano, vedi cosa ne esce quando le situazioni più dure e difficili lo spremono. Dovrebbe uscire amore…
Così è san Francesco, non è soltanto uno che “se la fa pijare sempre bene” ogni volta, grazie alla “perfetta letizia” ma qualcuno ancorato a Dio in modo concreto da vivere il suo amore in tutto. Tritato dalla sofferenza, ormai alla fine delle sue forze, ancora la vita e l’amore escono da lui. Non esce il suo peggio, ma il suo meglio, il succo della sua vita.

Simba viene battezzato da Rafiki mentre è tra le braccia di San Francesco

Il “battesimo” di Simba con il succo di un frutto appena spezzato

Uno sguardo sempre rivolto al cielo

La sera del 3 ottobre S. Francesco, ormai morente, (…) giunto alla Porziuncola, si fece deporre nudo sulla terra nuda, nascondendo con la mano sinistra la piaga sul costato. E di lì, spogliato della veste di sacco, alzò come sempre il volto al cielo, tutto intento con lo spirito a quella gloria. Disse ai fratelli:

San Francesco: “Io ho fatto il mio dovere, Cristo v’insegni a fare il vostro.”

Nel momento della morte volge lo sguardo al cielo e ricorda quello che ha vissuto nella vita, che non siamo mai soli, che c’è il Padre anche nelle peggiori delle situazioni.
Mi vengono in mente i pochi ricordi del Re Leone (di cui abbiamo parlato anche qui) e penso a quello che Mufasa dice a Simba guardando le stelle

Mufasa: Simba, lascia che ti dica una cosa che mio padre disse a me. Guarda le stelle. I grandi Re del passato ci guardano da quelle stelle.

Simba: Davvero? 

Mufasa: Sì. Perciò quando ti senti solo, ricordati che quei Re saranno sempre lì per guidarti. E ci sarò anche io.

Il Padre è sempre lì ad aspettarci. San Francesco ci dice di più, noi possiamo vivere la vita essendo un riflesso della sua immagine e del suo amore, un po’ come Simba portato da Rafiki davanti all’acqua del fiume

Rafiki: Errore io conosco tuo padre.

Simba: Beh mi spiace ma lui è morto.

Rafiki: No lui è vivo invece e se vuoi ti porto da lui.

Simba: Ma quello non è mio padre sono io riflesso nel lago.

Rafiki: Guarda meglio, vedi lui vive in te.

Vivendo questo san Francesco ha potuto abbracciare tutto e accogliere ogni cosa come dono e lodarlo, anche “Sorella morte”.

Il ricordo “vivo” del Padre ci dà vita

Ma non è facile, Simba, così come noi deve imparare una lezione: se ricordiamo il volto del Padre e che siamo sua immagine, questo ci fa crescere dalla situazione di sofferenza in cui siamo per trovare il ruolo nella Vita. Dio si mostra e ci cerca…

Mufasa: Simba, mi hai dimenticato.

Simba: No. Come avrei potuto?

Mufasa: Hai dimenticato chi sei, e così hai dimenticato anche me. Guarda dentro te stesso, Simba. Tu sei molto più di quello che sei diventato. E devi prendere il tuo posto nel Cerchio della Vita.

Simba: Come posso tornare? Non sono più quello che ero.

Mufasa: Ricordati chi sei. Tu sei mio figlio, e l’unico vero Re.

Questo non basta, però… tante belle parole che possono riempire la mente e il cuore, ma poi? Davvero non crediamo al bene a cui siamo chiamati dal Padre. Per questo abbiamo qualcuno come Rafiki che concretamente ci insegna a trasformare le parole di Dio in carne, i santi potremmo dire noi cristiani, ma anche gli amici che come Angeli ci portano dei messaggi che rendono concrete le nostre esperienze. Con semplicità ci mostrano che ci sono stati incontri particolari nella nostra vita che cambiano il verso della nostra vita, una conversione forse…

Rafiki: E quello che cos’era? Il tempo! Davvero inconsueto, non ti sembra?

Simba: Già. Sembra che il vento stia cambiando

Rafiki: I cambiamenti sono positivi

Simba: Si ma non è facile. so quello che devo fare ma … tornare significa affrontare il mio passato. Sto scappando da troppo tempo. (Rafiki colpisce Simba col bastone) Aii!Che male, perchè mi hai colpito?

Rafiki: Non ha importanza, ormai è passato!

Simba: Si ma continua a fare male

Rafiki: Oh! Si! Il passato può fare male, ma a mio modo di vedere dal passato puoi scappare oppure … imparare qualche cosa! (Simba questa volta schiva il colpo di bastone) Ahhhh! Hai visto? Allora, che cosa decidi?

Simba: Per prima cosa prenderò il tuo bastone

Rafiki: No, no, no no! Il bastone no! Hei! Dove stai andando?

Simba: Sto tornando a casa!

Conclusione

Credo stia qui il centro della vita di San Francesco, divenuto immagine vivente anche con le Stimmate di Gesù, attraverso l’accettazione di ogni cosa, accetta la morte e il suo passato come dono, rimanendo povero, nutrito nella Provvidenza in terra e potendo correre con gioia verso la vita che lo attende nell’abbraccio misericordioso di Dio, la nostra casa per sempre.

Non è che dobbiamo sempre morire, ma in ogni dura situazione dopo aver pianto e sofferto un po’, bisogna chiedersi cosa si può imparare da tutto quello che accade e come Dio sta parlandoci. “Ricordati chi sei”. Ricordiamoci che non siamo soltanto il nostro dolore e le nostre cicatrici, ma che siamo destinati per “Tornare a Casa” con gioia. In questo modo, anche ogni piccola morte non sembrerà più così triste.

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2 Commenti

  1. Cosa ne pensate di Middle Earth – Shadow of War che sta uscendo? E del suo predecessore Shadow of Mordor? Secondo voi riescono a portare a livello videoludico lo spirito di Tolkien o lo stravolgono troppo in chiave dark fantasy da strapazzo alla game of thrones che va di moda adesso?

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    • “Shadow of Mordor” è un bel gioco, con delle meccaniche che personalmente ho trovato innovative, interessanti e nell’insieme riproduce bene l’orrore che si doveva percepire nelle lande desolate e maleodoranti di Mordor. Ma è proprio questo il punto: il gioco mostra solo il male, mettendo nei panni di un personaggio che agisce in modo decisamente ambiguo e oscuro. Abbiamo addirittura un elfo fantasma come Virgilio, cosa che per chi conosce bene la cosmognoia tolkieniana è un’assurdità, in quanto i Primi Figli di Ilúvatar sono immortali e se uccisi ritornano semplicmente nelle terre imperiture in carne e ossa! Dunque credo che non si respiri granché la Terra di Mezzo in quel gioco e, oltretutto, si poteva fare di più anche riguardo alla trama. Per il secondo, temo si ripetino i medesimi errori.

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Author: Frodo Potter

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