Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario…

— Papa Benedetto XVI

Mary e il fiore della strega – Recensione

Arriva anche da noi il primo film dello Studio Ponoc

Sì, basta dare un’occhiata alla locandina o al trailer di “Mary e il fiore della strega” per rendersi subito conto che ogni linea, inquadratura, colore e suono ci riconducono all’inconfondibile stile dello Studio Ghibli. Il mistero è presto svelato: lo Studio Ponoc è uno studio di animazione giapponese fondato nel 2015 da Hiromasa Yonebayashi e Yoshiaki Nishimura, ex allievi del grande Hayao Miyazaki. Dunque non c’è da stupirsi se “Mary e il fiore della strega” ci ricorda moltissimo per atmosfere e stile capolavori quali “Il castello errante di Howl“.

Detto questo, al di là dei bellissimi disegni e dell’effetto nostalgico che esercita sui fan di Miyazaki, “Mary e il fiore della strega” è un buon film di animazione, dotato di una sia identità? Scopriamolo subito!

L’avventura di Mary Smith

Mary non è particolarmente originale come personaggio, eppure appare ben caratterizzata e diverrà presto piacevole seguirla nelle sue avventure

Si tratta innanzitutto della trasposizione de “La piccola scopa” di Mary Stewart, scrittrice di fantasy da ben prima della Rowling. Dopo un misterioso flashbackUna scena ambientata nel passato, che vede una strega dai capelli rossi fuggire da altri personaggi dotati di poteri magici., la storia non inizia in modo particolarmente incalzante… Mary Smith, una ragazzina di dieci anni, si è appena trasferita in uno sperduto villaggio di campagna durante l’ultima settimana delle vacanze estive, in una locazione geografica senz’altro inglese. La protagonista è annoiata dagli ultimi giorni estivi, piena di voglia di mettersi alla prova, ma con una bassa autostima per se stessa, un po’ perché realmente imbranata, un po’ per motivi schiocchi quali i suoi capelli rossi e crespi per cui viene spesso presa in giro. Ciò che però prevale nella protagonista è il desiderio d’avventura e la curiosità per tutto ciò che la circonda. Nell’inseguire un gatto nero nella vicina foresta, Mary scopre un misterioso fiore che conferisce poteri magici. Questo attiva tutta una serie di situazioni assurde che conducono la ragazzina nell’istituto chiamato Endors College, diretto da due eccentrici personaggi: la direttrice Madama Mumblechook e il geniale Dottor Dee, in un’ambientazione che non potrà non ricordarci le opere di Diana Wynne Jones, Lewis Carroll e il mondo di “Harry Potter” della Rowling, il tutto però nello stile inconfondibile dello Studio Ghibli.

Senza fare spoiler, ciò che differenza Mary Smith da Harry Potter e da SophieLa protagonista de “Il castello errante di Howl”. è che il mondo magico in cui viene catapultata non la convince per niente, portandola così a rubare un libro di magia ed a interrogarsi sul misterioso potere del fiore che l’ha conferita di poteri magici. Già questo provoca un rovesciamento del mondo straordinario in cui il protagonista è di solito catapultato all’inizio dell’avventura, non necessariamente migliore del mondo ordinario, ponendo in modo nemmeno tanto sottile interrogativi che sono tutt’altro che scontati per il genere fantasy a base di maghi e streghe.

Cos’è la magia?

Il mondo dei maghi incarna la conoscenza degenerata, “hybris” o “peccato originale“, di quella pericolosa superbia che pretende di piegare la natura ai nostri comodi. Inutile dirlo, è un dibattito che da solo basta e avanza a far traballare saghe letterarie come “Harry Potter”, dove la magia è fine a se stessa e, mi dispiace dirlo, condannabile di per sé – eh, filosoficamente parlando!

Al di là che si creda o meno nella possibilità del soprannaturale, della stregoneria o del paranormale, la magia nelle opere letterarie fantasy degli ultimi decenni che hanno per protagonisti “maghi” o “streghe” incarna sempre un desiderio inconscio ben preciso: la manipolazione della realtà. Non ha importanza quale sia la motivazione del protagonista o l’origine della magia, quest’ultima nell’inconscio rappresenta sempre la manipolazione del naturale. (Per Miyazaki & com. questo è un andare addirittura contro il divino… Ergo, una bestemmia!) Questo in “Mary e il fiore della strega” viene lasciato intendere senza alcun equivoco, già nella prima metà del film. Nonostante le motivazioni di Madama Mumblechook e del Dottor Dee siano meno elitarie di quelle dei maghi di altre saghe fantasy, l’errore filosofico è il medesimo. Senza spoilerare troppo, la storia infatti si fa interessante proprio nel confronto tra Mary, una ragazzina normale e “babbanaDispregiativo usato in “Harry Potter” per indicare i non maghi.“, contro una società di stregoni potentissimi.

Conclusione

Mary Smith: “Non abbiamo bisogno della magia.”

Il tema della storia appare così chiaro: magia, tecnologia o esasperata ricerca scientifica, tutto può essere un male se fine a se stesso se guidato da quella superbia di volersi sostituire a Dio nel “riprogrammare” la realtà. Dunque con semplicità e leggerezza, “Mary e il fiore della strega” riesce a mettere in discussione un intero genere letterario, in cui società segrete di maghi che usano il proprio potere per farsi i cavoli loro non possono che generare dei mostriCome Lord Voldemort in “Harry Potter”.. L’unico potere giusto, citando il caro vecchio zio di SpideySpider-Man. è quello da cui « derivano grandi responsabilità. » Cioè, se un potere non è usato per amore del prossimo è sempre e solo un generatore di superbia = male.

Dal punto di vista tecnico, vabbè, “Mary e il fiore della strega” è godibilissimo, un vera gioia per gli occhi e privo di difetti. Non sarà forse ricordato per la sua originalità, perché troppe cose sanno di già visto tra i suoi personaggi e scenari, ma non lo si può che annoverare tra le migliore opere di animazioni degli ultimi anni. Per questa ragione speriamo che lo Studio Ponoc continui così, sulla stessa linea del Ghibli, regalandoci quella magia che dal 1984 è cominciata con “Nausicaä della Valle del vento“.

Commenti da facebook

Commenti

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

14 − 5 =

Author: Alex Pac-Man

Cultura cattolica: Affascinato dalle storie di Arda, ho cercato di capire perché Tolkien sostenesse che a essere immaginario è solo il tempo in cui sono ambientati i suoi racconti. Ho così iniziato un lungo cammino, che mi ha portato ad amare il Libro della Genesi e tutto ciò che riguarda la protologia, fino all'esperienza del percorso dei 10 Comandamenti di don Fabio Rosini. La fede cristiana è soprattutto un'esperienza di bellezza, ben lontana dall'ideologia e dall'emozionalità di chi la riduce ad un sterile atto di cieca convinzione. Cultura nerd: Le mie prime idealizzazioni furono plasmate dai capolavori di Shigeru Miyamoto, quali "A Link to the Past" e "Ocarina of Time", che, magari sarà azzardato dirlo, racchiudono in sé un po' tutta l'essenza del mito. Il mio essere un nerdone comincia dall'amore per la narrativa, per il fumetto e tutto ciò che porta alla storia delle storie.

Share This Post On
Share This