Ho un dono, ve lo dono. Dio non toglie niente, anzi ci dona ancora di più.

— Suor Cristina

Luke Cage e il suo nuovo avversario: se stesso!

La più ardua delle sfide: combattere la bestia che è in noi!

La locandina della seconda stagione

Finalmente mi sto godendo i nuovi episodi di “Luke Cage“, telefilm della Marvel trasmesso su Netflix dal 22 giugno, che qui su Cattonerd abbiamo già apprezzato per la sua ottima prima stagione con l’articolo di Blanche Princesse: “Luke Cage e gli eroi perdenti“. In quell’articolo affrontavamo un tema assai interessante e non sempre facile da far capire: la vittoria spesso coincide con la sconfitta. Non parliamo solo di Gesù che si fa crocifiggere per noi, per poi risorgere e mostrarci come la vita in un’ottica eterna sia tutta un’altra cosa, ma anche di tante persone che nonostante i loro ruoli da “falliti”, “sfigati” o “reietti” hanno saputo amare, perdere tutto, risultando così i veri vincitori. La storia della Chiesa è piena di tali esempi. Vabbè, il problema è che, qualche volta, ci si mette sempre un po’ di secoli a riconoscere un santo come tale…
Adesso però, nella seconda stagione di “Luke Cage”, il tema della serie si è nettamente spostato su di un altro problema, anch’esso piuttosto interessante e altrettanto valido.

Il combattimento spirituale

Sempre più invincibile, soprattutto in questa stagione. Ma il grosso del conflitto di Luke è interiore: un fuoco che gli arde dentro e che non riesce a spegnere

Dopo “I Difensori” Luke è diventato l’idolo di Harlem, e risulta molto meno “fallito” e “sfigato” rispetto la prima stagione. Anzi, sfrutta la fiducia che la gente ripone in lui come un’arma. Questo di per sé però ha un effetto collaterale… Luke si crede arrivato, si insuperbisce e non è disposto più a riappacificarsi con il suo passato. In modo particolare con suo padre che è stato quello da cui, per un effetto domino comprensibile solo a chi ha seguito gran parte delle serie Netflix legate al nostre eroe, hanno avuto origine le sofferenze di Luke.

Malgrado il padre di Luke, il reverendo James Lucas, non sia una figura del tutto positiva, soprattutto per il suo ruolo da uomo di Dio tutt’altro che esemplare, a suo modo cerca di ristabilire un dialogo con il figlio. Nonostante ClaireSì, l'infermiera che compare in tutte le serie Marvel., la ragazza di Luke, abbia vissuto una situazione analoga, non potendo riconciliarsi con il suo genitore per il suo prematuro decesso, il nostro eroe proprio non vuole saperne di perdonarlo e, senza nemmeno rendersene conto, inizia ad alimentare dentro di sé una bastia feroce che prenderà il sopravvento a più riprese. Per quanto vi siano nuovi e vecchi antagonisti, il vero avversario di questa stagione sembra proprio il lato oscuro che Luke porta dentro di sé.

Il lupo buono e il lupo dell’odio

Paolo di Tarso: “Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore.” (Romani 12, 19)

Da questo passo di una delle lettere di Paolo di Tarso il padre di Luke tirerà fuori un’interessante sermone che terrà ben presente il tema della seconda stagione:

Reverendo James Lucas: “La vendetta è mia disse il Signore. Perché è così? Leggiamo la prima parte del versetto: miei amati, non cercate vendetta da soli ma fate spazio per l’ira del Signore. […] Dio ci ha dato fiducia, ma perché non per l’ira? Perché l’ira è tossica! L’anima non può tollerarla, e ne bastano poche gocce. Oh sì, una piccola quantità basta, vi avvelenerà e ci saranno momenti in cui sarete messi alla prova… in cui vi bollirà il sangue! Ma la vendetta appartiene al Signore, […] perché a volte, sia che lo vogliamo ammettere o no, il Padre sa cosa è meglio. Questo mi ricorda un’antica leggenda cherokee: il nipote si presenta al nonno. Il piccolino è arrabbiato, uno dei suoi più cari amici gli ha arrecato una grande offesa. E il ragazzino vuole un risarcimento. Quel ragazzino vuole vendetta! E il vecchio nonno comprende il nipote. Uhu, lui comprende che è nella sua natura odiare chi ci ha ferito e voler ferire a nostra volta, ma lui dice al nipote che l’odio ti trascina verso il basso, non ferisce il tuo nemico. È come se ci fossero due lupi dentro di te: un lupo è buono e combatte solo quando è giusto farlo, l’altro lupo è pieno d’odio e combatte senza nessun motivo. È come se questi due lupi lottassero per dominare il tuo spirito. Il ragazzo chiede allora al nonno quale lupo è più forte? Il nonno allora, guardando il nipote negli occhi, risponde: quello che decidi di nutrire!

Bellissima la risposta finale: “quello che decidi di nutrire!” Ma perché abbiamo dentro di noi due lupi? La prima ragione è legata alla libertà. Siamo tutti liberi di scegliere il bene o il male, di fare la nostra volontà o quella di Dio, ma la questione si è di molto più incasinata in seguito al peccato originaleIl peccato commesso da Adamo, che ha deturpato l'umanità. e alle sue ferite: la concupiscenzaTutte le debolezze umane., che ci rende tutti potenzialmente vere e proprie bestie feroci. Tuttavia, sarebbe un madornale errore credere che questo discorso sia valido solo per il vizio dell’ira. La madre di tutti i vizi è la superbia, credere di sapere da noi quel è la cosa giusta da fare. Quest’ultima è ontologicamente presente anche nelle persone apparentemente più miti e garbate per una ragione molto semplice: fondamentalmente, da dopo la cadutaLa caduta del genere umano., siamo tutti convinti di non aver bisogno di riconciliarci con le nostre origini. In linea di massima, fuggiamo un po’ tutti dal nostro passato, per Luke rappresentato dal padre. Ma soprattutto fuggiamo dall’origine della nostra esistenza: Dio Padre. Super poteri o no, la buona battaglia si vince soltanto se si decide di rinunciare alla propria illusoria autonomia e se ci si riconosce figli di QualcunoIl battesimo che da creature di Dio ci rende figli adottivi di Dio. Senza il battesimo siamo, praticamente, degli orfani.. Ossia, figli di Dio che non hanno la verità in tasca e bisognosi d’aiuto. Perché è Lui il Padre con cui la maggior parte delle persone non vogliono riconciliarsi. Sì, a livello inconscio gli atei non esistono – fate attenzione, su questo tema potrei tirarvi fuori non pochi studi che partono dalla psicanalisi fino alle neuroscienze! –, e l’ateo che bestemmia ne rappresenta una prova schiacciante. Nessuno offende Parerino o Topolino, perché li considera irreali, dunque privi di colpe, ma ce l’ha a morte con chi considera il vero responsabile delle sue sventure. Dunque ecco spiegato sia l’antiteismo integralista di molti non credenti che l’integralismo/fideismo dei credenti che seguono Dio senza aver il coraggio di gridare come Giobbe il proprio dolore e la propria incapacità di accettare il mistero del male o di porsi domande – teologicamente – scomode. Eh sì, anche fare finta che i conti ci tornano è avere un rapporto con Dio – velatamente – disonesto e irrisolto.

Conclusione

Siamo quello che mangiamo ~ Ad asserirlo fu il filosofo tedesco Feuerbach, ma credo sia un aforisma ben più ancestrale!

Sia nei fumetti Marvel che nella serie Netflix, Luke Cage predilige la cucina cinese… che sia colpa di Danny Rand?

Dovrebbe essere scontato, ma non lo è nemmeno per i cristiani. Quello che alimentiamo dentro di noi prende il sopravvento e detta le scelte della nostra vita. Vale per ogni aspetto della nostra persona. Solitamente sono gli idoliCostrutti mentali che diventano la nostra idea di ciò che può renderci felici. che ci ficchiamo nel subconscio senza rendercene conto, cose capaci di dettare le nostre scelte affettive e lavorative, dunque capaci di rovinarci la vita o, nei casi peggiori, l’esistenza ultraterrena. Ma semplificando al massimo è la vanità la bestia o il lupo che più nutriamo senza accorgercene. Come risolverà Luke Cage questo problema? Naturalmente, NIENTE SPOILER! Ma c’è poco da fare, la strada è una sola: fare i conti con la ragione ultima della nostra esistenza. Non è un’impresa facile, perché questa buona battaglia dura tutta una vita!

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Author: Alex Pac-Man

Cultura cattolica: Affascinato dalle storie di Arda, ho cercato di capire perché Tolkien sostenesse che a essere immaginario è solo il tempo in cui sono ambientati i suoi racconti. Ho così iniziato un lungo cammino, che mi ha portato ad amare il Libro della Genesi e tutto ciò che riguarda la protologia, fino all'esperienza del percorso dei 10 Comandamenti di don Fabio Rosini. La fede cristiana è soprattutto un'esperienza di bellezza, ben lontana dall'ideologia e dall'emozionalità di chi la riduce ad un sterile atto di cieca convinzione. Cultura nerd: Le mie prime idealizzazioni furono plasmate dai capolavori di Shigeru Miyamoto, quali "A Link to the Past" e "Ocarina of Time", che, magari sarà azzardato dirlo, racchiudono in sé un po' tutta l'essenza del mito. Il mio essere un nerdone comincia dall'amore per la narrativa, per il fumetto e tutto ciò che porta alla storia delle storie.

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