Mentre tu hai una cosa, questa può esserti tolta.
Ma quando tu la dai, ecco, l’hai data.
Nessun ladro te la può rubare. E allora è tua per sempre.

— James Joyce

Savatage – Streets: A Rock Opera – Recensione

E analisi della storia

Ci sono molte cose da dire su “Streets“, il capolavoro dei Savatage, ma iniziamo con il dire che si tratta di un album semplicemente fantastico, perlomeno se come me apprezzate anche solo un minimo il metal anni ’80 e le sonorità più intricate ed elaborate delle band progressive rock o progressive metal.

I Savatage infatti, furono negli anni 80 tra le prime band a cercare di sviluppare il metal di quel periodo in una direzione più artisticamente elaborata, facendo maggiore utilizzo di cambi ritmici, di assoli, melodie ad armonizzazioni vocali più complesse, e di una spiccata componente sinfonica. Ma a differenza di band progressive metal successive come i Dream Theater, nella loro produzione musicale si sente ancora quell’anima un po’ più rozza e “da strada” (battuta involontaria) che ricorda molto band come i Guns n’ Roses o gli Skid Row dei primi due album, a partire dalla bellissima voce del cantante Jon Oliva, capace di essere tanto rauco e graffiante a tratti quanto pulito e melodico in altri, e passando per le schitarrate a metà tra il virtuosismo e l’ignoranza di Criss Oliva (fratello di Jon, e venuto a mancare in un incidente d’auto nel 1993. A lui venne dedicata successivamente la struggente Alone You Breathe).

La copertina della versione “Narrated” dell’album

La storia dell’album: la storia di una conversione!

E oltre a tutto ciò, come dice il titolo, “Streets” è una “rock opera”, un album che ci racconta la storia del suo protagonista, curiosamente chiamato “DT Jesus”. Esploriamo un attimo di cosa tratta, e vediamo perché l’ho trovata così interessante da farci un articolo qua.

Attenzione, spoiler alert!

D’ora in avanti ci sono numerosi spoilerz sulla storia narrata nell’album. Per non rovinarvi la sorpresa, andatevi a sentire tutto l’album, meglio ancora se nella versione “narrata”, in cui tra le varie canzoni ci sono degli intermezzi in cui un personaggio racconta più chiaramente la storia, e meglio ancora se mentre ascoltate tenete sotto mano i testi, che trovate ad esempio qui (cliccate su “Show Lyrics” vicino a ogni canzone!), con anche gli spezzoni narrativi. Poi tornate qui e continuate a leggere.

DT sta per “downtownOssia.” ma anche per “detoxDisintossicazione.“. Egli, infatti, è uno spacciatore di droga che aveva fatto successo come musicista, per poi ricadere nell’oblio dopo che il successo gli aveva dato alla testa, portandolo vivere una vita dissoluta, a disinteressarsi della band e abbandonare i suoi amici. Solo e triste, intrappolato nel tunnel della droga, ha un attimo di lucidità quando incontra un chitarrista blues che ammirava molto da bambino, e lo trova ridotto a un alcolista che gli sviene davanti. Ciò che subito balza alla sua mente è la paura di fare la sua stessa fine.

Spock e Kirk

Notare il riferimento a “Star Trek” nel testo di “A Little too Far”

And all the years we offered up
To gods who couldn’t get enough
Though we still stay up all night
The mornings aren’t quite as bright […]

And all those things we thought we learned
As we watch our bridges burn
While standing in the afterglow
I guess we gave them quite a show
And who’s to say what it’s about
When John Wayne caught the last train out
And Spock and Kirk have had enough
And no one’s left to beam me up […]

Got to get back
I never meant to take it this far

Deciso quindi a tornare alle origini e bruciare i ponti con quella vita, DT chiama il suo amico e produttore Tex e in sei mesi torna a fare successo come musicista, davanti agli occhi increduli di fan e stampa che ormai lo davano per morto. La sua nuova tranquillità è però destinata a durare poco: vedendo il suo successo, un delinquente di nome Sammy a cui doveva dei soldi lo va a cercare, e mentre i due si azzuffano arriva Tex a dare supporto a DT, ma Sammy tira fuori un coltello e trafigge Tex, togliendogli la vita. DT è pronto a fare di tutto pur di vendicare l’amico uccidendo il delinquente, che però capisce che è meglio darsela a gambe e fugge. Shockato dalla morte dell’amico, DT corre via dal club, sentendosi responsabile, e si ritrova davanti alla Cattedrale di San Patrizio. Trovando una porta aperta entra e si sfoga a lungo rivolgendosi a Dio, senza però trovare (o almeno crede) le risposte che cerca.

interno della cattedrale di san patrizio a new york

È qui che il nostro DT Jesus si mette a pregare, nella storia

You say we must pay dues
But still I am confused
I need to walk
And with you talk
Instead of to statues […]

Can we be tired of you?
Is that something we’re allowed to do?
For even the blind change their views
And it’s time we tried something new

Decide quindi di cercare un’altra fuga dalla realtà, e dopo un ultimo brano eseguito di fronte al pubblico, e dedicato a Tex, vaga per la città e osserva gli altri “fantasmi” che come lui vagano per le “rovine” di New York.

See the runaway there on the corner
Just a throwaway but somebody’s daughter
Had a pretty face so somebody bought her
Sellin’ her soul away so put in your order

She knows what she’s doin’
She’s a ghost in the ruins

Cercando poi qualcuno a cui parlare, chiama al telefono la sua ex ragazza, ma non è a casa. E a quel punto gli rimane un’unica amica: la droga. E proprio quando sembra che egli ormai sia finito una volta per tutte, succede un qualcosa di alquanto singolare. DT nota una folla radunarsi davanti a un edificio davanti a un vecchio mendicante avvinazzato, sporco e puzzolente, che è collassato a terra ma al quale nessuno ha voglia di avvicinarsi per la sua puzza. Preso dalla compassione, però, il nostro eroe si avvicina al vecchio, e gli stringe la mano per fargli sentire che non è solo. In quel momento, il vecchio lo guarda negli occhi e muore. Proprio mentre sta per alzarsi e andare via, vede sorgere uno spirito dal corpo del vecchio, che prende la forma di un bambino. Accortosi che è solo lui a vederlo, lo insegue fino al tetto di un edificio, dove lo vede chiedere perdono per la sua vita gettata al vento.

«Nel cimitero del mio cuore ora […] dormo gli anni che ho da tempo venduto»

In the graveyard of my heart now
Sleep the years that I’ve long sold
[…]

And, Father, hear me
I am tired
Shall I waken in thy home
And hold me closer
I am trying
Sweet Lord Jesus heal my soul

Dopodiché, il bambino sorride a DT Jesus, e sparisce nella notte. Vedere la salvezza di un’anima perduta fa capire al nostro protagonista che non è mai troppo tardi per chiedere perdono, o per ricominciare. DT Jesus se ne torna a casa, e dorme “il sonno di chi è stato salvato”, facendo strani e bellissimi sogni, espressi alla perfezione dall’accoppiata finale di brani “Somewhere in Time/Believe“.

Ritornare a Dio… Cioè, Gesù è la scala descritta in Genesi 28, 12

I’ve been changing, redefining
All the things I thought I knew
So long ago when I was flying
Through the years that seem so far away

[…]

I am the way
I am the light
I am the dark inside the night
I hear your hopes
I feel your dreams
And in the dark I hear your screams
Don’t turn away
Just take my hand
And when you make your final stand
I’ll be right there
I’ll never leave
And all I ask of you is… Believe

Ho voluto mantenere i commenti personali per la fine, anche se la storia dice già molto da sola.

Fare come Giobbe: non nascondere a Dio l’impossibilità di accettare il male

Innanzitutto, quello che ritengo essere il tema principale su cui si può riflettere è il chiedere aiuto a Dio: nella cattedrale (curiosamente, cattolica) di San Patrizio, DT Jesus urla tutto il suo dolore, chiedendo una spiegazione per l’assurdità del male che si ritrova a vivere. Ciò ricorda molto il Libro di Giobbe, in cui il protagonista subisce un’infinità di ingiustizie senza avere idea di quale sia la loro causa. Nonostante la sua grande pazienza e fede nell’accettare il male permesso da Dio, egli si ritrova a un certo punto a gridare, supplicando il Signore di dargli una spiegazione. Dio arriva poi, dando fine al male di Giobbe e restituendogli quanto perso, ma moltiplicato enormemente. La risposta a tale grido non arriverà dunque subito, né in modo facile, ma dobbiamo essere pazienti, e non accontentarci di cadere nel cinismo. Il testo di “Believe”, il brano che chiude l’album, sembra proprio essere, a parte l’inciso, dal punto di vista di Dio, che dice al protagonista (e, per certi versi, a tutti noi) che mentre noi siamo disperati, non riusciamo a spiegarci che senso abbia, se ce l’ha, ciò che stiamo vivendo, Lui è al nostro fianco. Come dice la canzone, tutto ciò che dobbiamo fare è credere in Lui e affidargli le nostre ansie e i nostri dolori, che è più facile a dirsi che a farsi… ma quelle poche volte che ci riusciamo ne vale veramente la pena!

Un altro tema fondamentale è quello del tempo perso: tutti i personaggi, da DT Jesus al barbone alcolizzato del finale, al chitarrista blues, creano molti dei loro guai per non vivere appieno il loro presente, andando incontro a idoliCostrutti mentali che crediamo possano darci la felicità, ma che ci rovinano solo la vita. e fesserie varie, come viene detto piuttosto esplicitamente dal testo già riportato sopra di “A Little too far”.

And all the years we offered up
To gods who couldn’t get enough

Se come detto prima esiste del male per cui non possiamo fare nulla, ma molto spesso siamo invece noi stessi ad autodistruggerci, andando dietro a dipendenze, relazioni malate, piaceri effimeri, sogni malsani che visti con un po’ di lucidità sono incubi o piani umani che alla fine non vanno da nessuna parte di buono. Tutti questi idoli, insomma, sembrano darci la vita, ma invece ce la tolgono, portandoci sempre di più a sacrificare qualcosa per loro, anche se inizialmente non sembrerebbe.

I never wanted to know, never wanted to see
I wasted my time till time wasted me
Never wanted to go, always wanted to stay
‘Cause the person I am, are the parts that I play
So I plot and I plan, hope and I scheme
To the lure of a night filled with unfinished dreams
And I’m holding on tight to a world gone astray
As they charge me for years… I can’t pay!, yeah

Dio però è sempre pronto a perdonarci, a farci ripartire da zero. Il barbone della storia decide di farlo solo in fin di vita, e viene comunque accolto nel regno dei cieli, ricordandoci il buon ladrone (Lc 23, 39-43), ma ciò che sarebbe ideale fare è capirlo prima, tornando a vivere la nostra vita facendo buon utilizzo del nostro tempo, e non fuggendo da esso. E buon utilizzo non significa soltanto: essendo produttivi, studiando o lavorando, né tantomeno “cogliere l’attimo” nel senso di pensare solo a divertirsi. Significa vivere appieno ogni momento della nostra vita, trovando ogni occasione possibile per amare il prossimo e trovare Dio nelle cose che facciamo.

Conclusione… di una storia di redenzione!

E qui ci allacciamo all’ultimo, ma non per importanza, spunto di riflessione che vorrei proporvi: ciò che salva DT Jesus, alla fine della storia, è un atto di amore. La sua esistenza, ormai distrutta e al limite, rifiorisce nel momento in cui prova empatia per quel povero uomo che stava morendo, e fa per lui un gesto d’affetto che nessuno aveva il coraggio di fare. Come disse San Massimiliano Kolbe prima di dare la vita per salvare un altro uomo:

San Massimiliano Kolbe: “Solo l’amore crea.”

Dio dà una rivelazione a DT Jesus solo nel momento in cui lui esce da se stesso, facendo la cosa giusta nel momento giusto, e cogliendo l’attimo, qui nel senso positivo, per compiere un atto di misericordia.

La fede in Dio non toglie nulla, aggiunge solo bellezza!

Detto ciò, vorrei dedicare questo articolo a Paul O’Neill, il produttore dei Savatage nonché compositore e autore dei testi di gran parte di questo album, venuto a mancare poco più di un anno fa. Oltre ad essere stato un grande come compositore, egli era cattolico, il che direi che è abbastanza chiaro se avete letto fino a qui, e lo è anche che abbia saputo creare un’opera rock non solo spettacolare musicalmente, ma anche profonda nel messaggio trasmesso dai testi, e nella quale questi due aspetti si intrecciano alla perfezione.

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Author: Hachiman

Cultura Cattolica: Cresciuto in una famiglia cattolica, ho da sempre messo tutto in discussione, non accontentandomi di facili verità, ma la ragione e le esperienze di vita mi hanno portato alla conclusione che la nostra Fede fosse semplicemente la via migliore per vivere davvero al pieno del proprio potenziale. Cultura Nerd: Non sono un grande fan di etichette come “nerd”, specialmente adesso che il termine è inflazionato, ma possiamo dire che soddisfo molti dei requisiti dello stereotipo classico. Studio informatica e sono appassionato di videogiochi, cinema, animazione, fumetti, letteratura fantasy e sci-fi e giochi di ruolo cartacei. Amo anche un’infinità di generi musicali diversi, con una particolare predilezione per ciò che gira intorno a rock e metal.

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