Augusta Universalis: gioco di ruolo – Recensione
L’Impero Romano colpisce ancora
Per aspera ad astra!
Italians do it better? Al di là dell’istintivo sciovinismo che si prova, dovendo parlare di “Augusta Universalis“, ovvero un gioco di ruolo interamente progettato e realizzato nel Bel paese, ma con la dichiarata aspirazione di proporsi anche sull’affollato mercato straniero, si tratta di una domanda cui non è possibile rispondere in maniera affrettata.
Iniziamo, quindi, intanto a precisare che i colori tenuti in alto non sono i tradizionali bianco, rosso e verde della bandiera nazionale, ma piuttosto l’oro e il porpora dei labari e degli stendardi della Roma imperiale rievocata, a partire dal nome del gioco, in un’ambientazione ucronicaIn parte fantastica, un po' come classici quali 'Code Geass'. molto interessante.
La suggestione di una storia alternativa dell’Urbe colpisce dunque ancora l’immaginario della sempre più folta e agguerrita pattuglia di autori di giochi di ruolo italiani, dopo il recente fortunato reboot di Lex Arcana. Le avventure dei personaggi, mediate anche in questo caso da un master denominato “DemiurgoCreatore, non necessariamente buono od Onnipotente.“, si svolgeranno però stavolta non in un passato alternativo, bensì in un presente contemporaneo al nostro, ma allo stesso tempo così drammaticamente distante in quanto a tecnologia e progresso, da apparire simile a un futuro assai remoto.

Suggestiva locandina del gioco
C’era una volta, in una penisola vicina vicina…
Tutto ha inizio quando una navetta aliena, con a bordo una piccola ma agguerrita squadra d’esplorazione inviata dal Grande Regno interstellare Sserath nel nostro Sistema Solare, inviata alla scoperta di nuovi mondi da colonizzare, ha la ventura di atterrare nella penisola italiana, nell’anno 753 a.U.c (ab Urbe condita: ossia, per chi ha trascorso troppo del suo tempo scolastico a limonare o fumare nei bagni, dalla fondazione di Roma; corrisponde all’anno 1 d.C.).
I disgraziati rettiliani non potevano compiere scelta peggiore.
I romani dell’età augustea, bellicosi e organizzati, riservano fin da subito ai nuovi arrivati dallo spazio un’accoglienza calorosa. Invece di gettarsi con la faccia nella polvere credendo di avere di fronte delle divinità, come gli Egiziani di “Stargate” o i Maya, Aztechi, Anasazi, ecc. visti in tanti filmacci hollywoodiani sugli extraterrestri, i nostri antenati vedono i visitatori come diavoli del loro affollato patheon e non si fanno scrupoli nell’affrontarli con le armi in pugno. Lo scontro tra gladi e fulminatori è impari, ma alla fine la superiorità numerica ha ragione della resistenza Sserath.
I rettili vengono asfaltati di brutto dalle caligae dei legionari e le loro teste squamose finiscono in cima alle hastae portate in processione festante sulla via Trionfale fino a Roma… con l’eccezione di quella dell’avveduto Ysszir, ultimo sopravvissuto del contingente, pronto a negoziare con i romani delle convenienti condizioni di resa. In cambio della vita è disposto a rivelare i segreti della tecnologia aliena ai sudditi di Ottaviano Augusto, fornendo alla città costruita sui sette colli le risorse che le serviranno per diventare una potenza egemone su scala mondiale, e poi interplanetaria.
La storia dell’ambientazione, anticipata in una “Praefatio” che spiega in una manciata di pagine tutti i contenuti di un manuale altrimenti abbastanza corposo, è tutt’altro che banale, a partire proprio dal presupposto iniziale. I Romani, infatti, capiscono subito che è probabile che il gruppo di esplorazione abbia inviato un segnale di soccorso e che ci sarà da aspettarsi una rappresaglia. Ecco allora che l’alieno Ysszir, poi ribattezzato Lucio Astrofero, insegna loro le scoperte tecnologiche un po’ alla volta, consentendo un’evoluzione graduale cui il genio italico, e poi europeo, contribuisce attraverso i secoli per mezzo delle migliori menti dell’umanità (citate nella cronistoria con i nomi romanizzati, e contestualizzate ciascuna esattamente nel periodo in cui in effetti vissero e operarono).
I quadrumviri Marzio Morganti (autore principale dell’ambientazione e dell’adattamento del motore di gioco), Luca De Marini (cui si deve il progetto grafico), Daniele Fusetto (artefice assieme a Luca del motore originale e dei contenuti supplementari destinati ai backers) e Gilbert Gallo (all’opera su ambientazione e campagna della prima espansione, in uscita a Modena Play 2019) ci regalano un’ucronia dove ritroviamo molti personaggi della nostra storia, da Volta, a Lovecraft a Hitler. E’ uno dei punti forti dell’ambientazione. Il passato dell’Impero romano interstellare che fa da sfondo alle partite di Augusta Universalis si fonda su una cronologia coerente e accurata dove ogni fatto ucronico è fortemente influenzato o collegato alla storia reale.
Qualche esempio gustoso?
Se nel 2245 a.U.c. del gioco (1492 d.C.) l’America è già ovviamente stata scoperta da un pezzo, a Christophorus Columbus Italicus non resta che prendere il comando di tre cosmonavi sperimentali e attraversare lo spazio siderale per sbarcare su Prometheus, il più prossimo dei pianeti abitabili nel sistema di Proxima Centauri. Così Meucci, in un 2624 (1871) nel quale l’uomo già vola da un pezzo nel cosmo, progetta per primo il Trasmettitore di Curvatura-Fase che rende possibili le comunicazioni interstellari in tempo reale.

Gli autori di “Augusta Universalis”
Cuius regio, eius religio? Il cristianesimo in Augusta Universalis
L’ingegno italico, unito a un amore viscerale e ben trasmesso verso la cultura classica e a una ricerca accurata dell’obiettività storica, tenendosi accuratamente alla larga dai luoghi comuni da bar dello sport e dai cliché hollywoodiani, rendono l’universo di AU lo scenario perfetto per chi è alla ricerca di qualcosa di diverso e più accurato dell’ennesima ambientazione fracassona di matrice anglosassone. In quanto Cattonerd, abbiamo apprezzato con una punta di autentica commozione le note puntuali e documentate sul contributo dato dal Cristianesimo allo sviluppo della civiltà moderna, sull’opera di pensatori e scienziati cristiani da Chesterton a Mendel, e sull’operato di alcuni pontefici.
Mai prima d’ora ci era capitato di leggere una descrizione così rispondente alla verità storica, e pertanto politicamente scorretta ;) , sui veri scopi e metodi dell’Inquisizione, distante anni luce da quanto tramandato, senza alcun fondamento documentale autentico, dalla vulgata letteraria e cinematografica e anche da qualche regolamento di gioco di ruolo. O veder considerati sotto una luce storica onesta personaggi Giordano Bruno, Martin Lutero e Robespierre.
Un ottimo lavoro davvero, la cui unica nota stonata, a nostro parere (certo, siamo di parte! ) è quella di aver ridotto la figura di Cristo un filosofo pari a molti altri.
In questo modo, senza riconoscere che al centro del credo cristiano ci sia la novità assoluta di un uomo che si crede essere il Figlio di Dio incarnato e rivelato (l’unica alternativa possibile sarebbe pensare necessariamente, visto che lui stesso seguitava a definirsi tale, che fosse invece un folle mitomane da non imitare né seguire), risulta difficile giustificare anche da un punto di vista storico e agnostico come il Cristianesimo sia riuscito a imporsi come fede dominante, spazzando via le credenze politeiste in pochi secoli, e allo stesso tempo costruendo quel proficuo e inedito rapporto tra fede e scienza con cui gli autori di AU hanno dovuto, e saputo magistralmente, fare i conti.
Il Logos (ossia il Verbo, Gv 1,1) dei cristiani non è l’insegnamento filosofico del profeta Gesù, ma Gesù stesso, Parola del Padre incarnata per mezzo dello Spirito. La visione gnostica e sincretista scelta dal regolamento di AU stride quindi un po’ con quel primato cristiano tangibile e ribadito più volte che affianca il dominio imperiale nel gioco.

Le illustrazioni sono stupende!
Est modus in rebus: Il motore di gioco
Un’ambientazione suggestiva, però, non basta. Perché, se poi il motore del gioco non va, sono subito guai.
Non è certo questo il caso del Destino Oscuro 2.0, nome assegnato dagli autori alle meccaniche di funzionamento di AU, mutuate da quelle collaudate de “la meravigliosa opera Le notti di Nibiru” (lo scrivono loro stessi nella prefazione del volume, concedendosi una più che meritata licenza autoreferenziale). Il sistema di gioco somma un approccio tradizionale, imperniato su caratteristiche numeriche, bonus/malus e prove effettuate a colpi di dadi da 8, a molti aspetti narrativi che collocano AU in uno spazio intermedio e assai frequentato da giocatori di ogni fascia generazionale, in equilibrio tra i regolamenti classici e quelli di stampo forgita.
Il Master, qui definito Demiurgo in ossequio alla filosofia greca più volte citata e utilizzata dagli autori (il tempo di gioco è narrato sulla base della suddivisione tradizionale del teatro aristotelico…), svolge comunque una funzione determinante nella narrazione e nell’arbitraggio delle partite. Poche pagine dopo aver tassativamente sconsigliato l’utilizzo di schermi per nascondere i tiri dei dadi o la famigerata regola zero, e aver raccomandato al Demiurgo il rispetto tassativo del regolamento in gioco, gli viene infatti concessa la facoltà di abbuonare qualsiasi Test (termine latino, poi copiato dall’inglese, occhio!) se il personaggio si dà da fare con l’interpretazione.
Attraverso una narrazione vivace e “cinematografica” delle azioni del proprio personaggio, il giocatore potrà riuscire in azioni che il semplice tiro di dadi + caratteristica + bonus non gli avrebbe consentito di portare a termine con successo. Un’integrazione tra numeri e interpretazione che potrà sorprendere all’inizio gli affezionati dell’una o dell’altra scuola di pensiero, ma che all’atto pratico si rivela una scelta vincente, e sostitutiva della regola zero e dei “trucchi da master”, per coinvolgere e stimolare i giocatori a restare sempre nel ruolo, vivendo e descrivendo in prima persona, sequenze spettacolari d’azione o dialoghi strutturati in grado di rendere davvero epiche le partite.

L’invasione aliena è uno dei più banali pretesti per dare vita a una storia basata su di un conflitto planetario su larga scala sia in narrativa (cinema, romanzi, videogiochi e fumetti) che nei GdR. L’essere riusciti a rendere questo abusatissimo pretesto una sorta di escamotage per creare un’ambientazione originale è davvero geniale!
Ho visto legionari con la lorica leopardata difendere i Bastioni di Orione…
Invece che per la loro appartenenza a classi o razze di tipo tradizionale, i personaggi giocanti (PG) sono differenziati in base alla Guardia o all’Ordo nei quali sono arruolati. I giocatori infatti interpretano tutti il ruolo di pretoriani dell’Impero, veri e propri super-soldati dotati di prerogative uniche e incaricati, ovviamente, delle missioni più pericolose.
Il territorio della Roma del futuro, però, è diviso in domini differenti, sottomessi sotto nove Cesari dalla diversa estrazione etnica, culturale e politica.
In un tentativo molto più riuscito di altri di creare un realismo ucronico plausibile, siamo dunque liberi di scegliere, ad esempio, di appartenere a unità pretoriane della Guardia Aurea, d’ispirazione bizantina, o della Leonina, che annovera nei suoi effettivi i temibili guerrieri Zulu. Cambiano, a seconda delle Guardiae, i nomi dei reparti (legiones, tagmata, capitula…) e dei gradi individuali. Stesso discorso vale per gli Ordines, vere e proprie specializzazioni legate ai diversi rami operativi dei pretoriani, e conosciuti con i nomi degli dei del pantheon romano. Troveremo i diplomatici dell’Ordo Mercurii, le spie dell’Ordo Plutonis e così via. L’elenco delle opzioni è talmente vario da lasciare spazio amplissimo a eventuali e tutt’altro che improbabili future espansioni.
Le caratteristiche di ciascun PG sono formate dai punteggi delle Virtutes, vere e proprie caratteristiche generali da cui dipendono le più specifiche Peritiae, raggruppate in Artes corrispondenti ai differenti Ordines. Troviamo poi sulla scheda (Tabula), articolata e forse non immediatamente intuitiva per chi provenisse da un sistema di gioco più tradizionale, spazi appositi per i Tracta, caratteristiche legate all’addestramento del pretoriano, utilizzabili in gioco per ottenere bonus nei Test, i Mores, obiettivi personali del PG (da 3 a 5) di cui almeno uno legato a un altro PG e un altro a un PNGPersonaggi non giocanti.
gestito dal Demiurgo, e le Animae: Logos, Pathos e Deimos. Esse rappresentano rispettivamente, esemplificando al massimo, l’integrità morale e psichica del PG, la sua capacità di sentimenti umani (ridotta via via dalla presenza di impianti cibernetici) e la corruzione raggiunta a causa di eventi drammatici o atti esecrandi perpetrati.
Conclude il capitolo dedicato alla creazione del personaggio lo spazio dedicato alla scelta della Tecnolorica, armatura potenziata che il pretoriano porta sempre indosso e che può evocare ricoprendosene in ogni momento, e dei Systemata, ossia le dotazioni e gli armamenti di bordo della corazza stessa, più o meno numerosi a seconda delle versioni. Abbiamo trovato molto interessante la modalità di configurazione e utilizzo di essi, definita Assectum, rappresentata da una scheda sulla quale il giocatore posiziona su un’apposita scheda (Tabula Systemis distinta da quella del PG che si chiama Tabula Praetoriani) in un determinato ordine alcune carte che simboleggiano i diversi apparati. A seconda della disposizione potrà essere privilegiata la difesa, oppure l’attacco o i sistemi di sostentamento vitale e così via, consentendo un altissimo grado di personalizzazione.
Gli effetti delle azioni di combattimento mediante i Systemata vengono svolte attivando gli Emblemi, sorta di poteri la cui lista, pur completissima, si presta a implementazioni infinite. Ciascuno dei quali possiede un effetto di gioco (ad esempio infligge X danni) e uno scenico che il giocatore (o il Demiurgo se si tratta di un PNG) dovrà obbligatoriamente descrivere.

Anche i rettiliani sono resi bene e tutt’altro che graficamente scontati rispetto alle grottesceìhe rappresentazioni da film di fantascienza ispirati al più becero “complottismo” fantascientifico
Si vis pacem, para bellum!
Le azioni in gioco dei personaggi si basano, come dicevamo poco fa, non solo sull’improvvisazione e sulla recitazione, alla quale il Demiurgo è caldeggiato di dare grande spazio e attenzione ma anche, come ci si aspetta da un sistema che vuole mantenere un approccio tutto sommato tradizionale, sul lancio di 2D8 che, sommato al punteggio della Virtus e della Peritia necessarie (o all’Ars, qualora non si disponga di una Peritia specifica), determina il VE, o Valore Effettivo.
La prova riesce se si riesce a totalizzare almeno 20. Ma, come c’era da aspettarsi, oltre al punteggio e al sorteggio dei fatidici poliedri colorati, sull’esito finale del Test peseranno svariati modificatori.
A partire dall’influsso del Fas (=Fato), che in presenza di determinati tiri, ad esempio un doppio 8, può conferire bonus o malus al VE. Contano anche argomentazioni personali basate sull’appartenenza a una data Guardia e Ordo o all’Historia personale del pretoriano. In caso di successo parziale, inoltre (ma mai in combattimento), è permesso ritirare aggiungendo un +3 al VE. Uno spazio particolare, infine, è lasciato agli aspetti morali.
Il giocatore può motivare attraverso l’uso dei punteggi di Logos, Pathos o Deimos il perché il suo PG, a suo parere, meriterebbe 1D8 da aggiungere al tiro e sostituire al peggiore dei 2 tirati.
Su meccaniche simili si basa il Combattimento, che sostituisce alla tradizionale Iniziativa una dotazione di Punti Azione basati sulla Celeritas, da utilizzare per compiere Azioni fino ad esaurimento.
I PG più veloci potranno così effettuare micidiali e spettacolari combinazioni di mosse. Il punteggio da superare per colpire, in questo caso, è la Difesa dell’avversario. Se si viene colpiti si può tentare di Parare o Schivare. La cosa simpatica è che non esiste una Peritia specifica da utilizzare per attaccare e per parare. Se ne può scegliere una qualsiasi, purché l’azione descritta abbia senso da un punto di vista narrativo.
Tutti i PG hanno in dotazione 60 Punti Vita. Arrivati a zero, si è a terra e a -20 i giochi sono finiti e arriva il momento di archiviare la scheda nella cartellina cimitero e generare un nuovo pretoriano.

“Augusta Universalis” è davvero impeccabile sotto ogni punto di vista
Panem et Systemata: la creazione dei PNG
Completano il manuale un lungo capitolo riservato al Demiurgo che analizza puntigliosamente le tecniche di gioco che dovrà adottare per creare, pianificare e gestire PNG, trame e avventure della sua campagna, assieme a molti consigli utili e per nulla banali, come l’uso del Sincrogramma (uno schema grafico per strutturare la sequenza narrativa in modo organizzato, dal quale molti master anche esperti potrebbero trarre un grande beneficio).
Alla descrizione di luoghi da esplorare, risvolti politici e commerciali, figure di spicco dei vari pianeti, Nemici umani e non, per tutti i gusti. e fazioni si affianca un bestiario per ora limitato a terra, Marte, Venere e sistema di Gliesela cui particolarità è trattare creature e mezzi leggeri (terrestri o aerei) sulla medesima scala di PG e PNG, come se i secondi fossero solo i mostri un po’ più grossi di un manuale fantasy tradizionale.
In fondo, chi di noi non ha pensato al famigerato tarrasque come a una fortezza corazzata mobile terrestre pesantemente armata?
Infine, non poteva mancare una bella avventura introduttiva, dal titolo evocativo di Annientamento, ambientata proprio su Gliese, durante la quale i pretoriani potranno familiarizzare con tutte le meccaniche di gioco, in un’atmosfera aliena piena di intrighi, giochi di potere, scontri all’ultimo sangue e azione mozzafiato.

La locandina della campagna kick starter
Conclusione: Ultramarines, spicciateme l’astronave!
Che altro scrivere? Leggendo il manuale di Augusta Universalis, quasi trecento pagine piene zeppe di materiale, e approfondendo le meccaniche di gioco, innovative sotto molti aspetti e anche per questo caratterizzate da una curva di apprendimento che richiede il suo tempo e un poco di dedizione iniziale da parte del Demiurgo, le prime parole che vengono in mente sono due: tanta roba!
Abbiamo un’ambientazione originale creata da zero con una cura pazzesca, capace di dare un violento perfino a un concorrente consolidato e blasonato come Warhammer 40K, impartendo una lectio magistralis ai cugini di Albione, di qua e di là dell’oceano, su come si costruisce un universo futuristico ucronico. Cui si aggiunge un gameplay molto ricco, che fonde narrazione e meccaniche senza scontentare nessuno, e vale decisamente la pena di qualche ora di rodaggio (è importante che il Demiurgo studi bene le meccaniche e si presenti al tavolo preparato; il resto, non appena i giocatori inizieranno a descrivere le loro azioni, verrà da solo).
Pensato per gruppi di giocatori di ruolo di razza, AU non prova nemmeno a proporsi come un regolamento da una botta e via, preferendo mostrare fin dalle prime pagine il pedigree di un manuale completo, adatto a campagne di ampio respiro, che consentono uno sviluppo realistico dei personaggi sotto il profilo tecnico come sotto quello biografico. Mancano infatti i tradizionali livelli ed è impensabile l’aumento dei Punti Vita (pochi, maledetti e definitivi in un gioco potenzialmente letale, ed è giusto così, che spinge i giocatori a darsi parecchio da fare dal punto di vista narrativo, per compensare le spiacevoli sorprese che i lanci di dado possono sempre riservare), ma un incremento graduale delle Virtutes, delle Animae, delle Peritiae (spendendo Punti Missio o Punti Experientia guadagnati sul campo), oltre all’acquisizione di nuovi Mores, Tracta e Systemata, consentendo una personalizzazione assoluta e rendendo unico ogni pretoriano.
C’è un progetto grafico che stupisce, a maggior ragione trattandosi di una produzione indie, per la qualità delle immagini e per la precisione e piacevolezza nell’impaginazione. C’è, infine, cosa non inedita nei titoli italiani, ma comunque ancora rara da incontrare, una visione d’insieme lungimirante e attenta, che più che cercare il successo istantaneo ma effimero dei giochi one-shot o dei manualini tascabili formato Topolino, non ha paura di osare, tentando l’assalto al mercato dei giocatori di lungo corso, che aspettano con ansia l’uscita di ogni futuro supplemento (ce ne saranno, preparatevi! La galassia è tanto grande…) e dell’estero, attraverso una traduzione inglese curata che permette la scalata al duro mondo dei distributori stranieri, reso però oggi più abbordabile dalla possibilità del digital download.
Un grande in bocca alla lupa di Roma agli autori di Augusta Universalis, allora! L’impero interstellare è stato fondato. Ora sta a noi valorosi pretoriani giocatori renderlo sempre più grande e glorioso!
Ave et vale!
Commenti da facebook