Nella vostra vita tutti voi vi troverete di fronte a innumerevoli bivi, magari vorreste restare fermi o tornare indietro… ma sta di fatto che volenti o nolenti sarete costretti tutti a scegliere una direzione…

— Yuri Koigakubo

Venerdì 12: stanchi di essere presi a calci nel cuore?

Le origini

Questa è la copertina della versione Omnibus, cioè completa, di tutta la serie.

Tanti, tanti anni fa, quando non eravamo ancora nel nuovo millennio, Leo Ortolani iniziò a pubblicare la serie a fumetti “Venerdì 12” per raccontare la storia di Aldo che, profondamente innamorato, regala un carillon stregato a Bedelia, femme fatale che non solo non lo ricambia, ma prova per lui lo stesso trasporto emotivo che si ha per lo spam in posta, un paio di giorni dopo averne eliminato ogni traccia. Questo tragico rifiuto trasforma Aldo in un mostro orripilante e compare Giuda, il cinico servitore, che lo trascina in situazioni sempre più improbabili pur di distrarlo dalla sua ossessione, ma di episodio in episodio diventa sempre più palese che ne è invischiato più di prima.

Leo Ortolani conclude l’opera con un articolo intitolato “a calci nel cuore” ed è proprio da lì che vogliamo ripartire. È sorprendente che nessuno abbia ancora scritto una recensione sui tanti riferimenti che permettono al lettore di passare da una lettura scatologica ad una escatologica che arriva fino al cuore.

Aldo in carne, ossa e … Giuda!

Lo struggimento per un amore senza speranza può essere tranquillamente parificato all’infelicità provocata da un sogno in qualsiasi ambito della nostra vita che non si realizza come noi lo vorremmo.

E quando come Aldo non sappiamo che pesci prendere, ecco comparire Giuda con i suoi suggerimenti e aiuti tutti allineati in direzione sempre demotivante e riduttiva, se non perversa.

Quanti Giuda agiscono da distrattori nella nostra vita quando, invece, abbiamo proprio bisogno di metterci alla ricerca di un senso o di una maggiore concentrazione? Pensate agli amici che vi chiedono di uscire per un caffè il giorno prima di un esame, o alle notifiche sul telefono mentre siete a cena con la vostra ragazza…

La solitudine, ovvero, perché Giuda riesce così bene nel suo intento?

Perché Aldo non ha mai fatto alcuna esperienza concreta e significativa di cristianità e non ha nulla che lo trattiene dal cedere a Giuda. È come quei tanti per i quali “credo in Gesù, ma non nella Chiesa”, “che bravo il Papa, ma io a messa non ci vado”, “la bibbia è un best seller, ma non la sfioro manco col panno antipolvere”. Insomma, accetta in parte la nozione, ma gli manca la pratica e quindi non sa che certe cose possono funzionare davvero. Di qui si colloca stabilmente nell’autocommiserazione per cui è colpa di una maledizione se non può essere felice, è colpa degli altri se resta solo con le sue ossessioni, e così il Giuda di turno lo trova debole abbastanza per portarlo dove vuole.  

È facile approfittare di chi intende svendersi per un po’ di attenzioni. In altri ambiti la chiamano “dipendenza affettiva”.

Troppe lacrime per Bedelia

Ci sono tante storie che si aprono con uno spiraglio di cambiamento e si infrangono, o curiosamente si interrompono un attimo prima di andare a segno, per l’urgenza di lasciare spazio a un fiume inesorabile di lacrime per Bedelia.

Tutto si fa però non per Bedelia, ma per il suo quadro appeso, perché si tratta sempre e solo di amore immaginato. Di fatto Bedelia è una che passa di braccia in braccia senza remore e che addirittura fa tatuare i suoi toy boy con un numero progressivo sotto la coscia per tenerne il conto. Quello che importa sottolineare non è la vacuità della morale di Bedelia, quanto la devastazione che quell’amore solo immaginato porta in Aldo.

Aldo dedica ogni lacrima non a Bedelia, ma al suo quadro appeso. Se amare o innamorarsi fosse solo questo, allora lo facevamo con più dignità noi quando sospiravamo per poster delle celebrità staccati dalle riviste.

Le sue mormorazioni e i suoi gemiti sono esattamente il gorgo in cui anche noi lasciamo annegare non solo la felicità futura, ma soprattutto quella attuale.

E non siamo per nulla moderni o originali in questo. Dopo Adamo ed Eva (gli unici originali per davvero!), persino nel deserto gli israeliti ricordavano con nostalgia le cipolle d’Egitto. Ma vi rendete conto? Non lo spezzatino, non le focacce cotte sulla pietra, no, le cipolle…

Se ci ostiniamo a versare lacrime di disperazione solo per mantenere il contatto mentale con ciò che è fuori portata, inevitabilmente verrà a mancare il terreno giusto per preservare ciò che di buono ancora c’è nella vita di ciascuno.Degli israeliti piagnoni nessuno ha vissuto tanto a lungo da mettere piede nella Terra Promessa, nemmeno Mosè, ma ci sono riusciti i loro figli concepiti come desiderio e fiducia nel disegno di Dio.

Fidatevi, che se Dio non ci ha ancora fulminati tutti e non ha nemmeno fatto spirare la linea internet che ci tiene connessi in questo istante, significa che del bene c’è! O meglio, la possibilità di scegliere il bene e preservarlo, è ancora una facoltà a nostra disposizione.

Tuttavia, non per tutti, a un certo punto, la ricerca della felicità è una priorità. Quanti fan del “mai-una-gioia” conoscete? Quanti hanno l’onestà di ammettere che è davvero tanto più comodo restare a commiserarsi per suscitare interesse e spesso anche sostegno intorno a sé?

Quando scegliamo le alternative, ma forse era meglio prima

Se il primo errore di Aldo è poggiare la sua speranza su cose immaginarie e scollate dalla realtà, così da avere un motivo per lamentarsi e meritarsi la consolazione di Giuda, il secondo è di pensare di risolvere tutto con uno sforzo di volontà, solo sua e molto grande.

Dagli spokon abbiamo imparato che tutti quelli che si allenano duro (ma proprio tutti eh?), dopo vincono le competizioni e pure i mondiali, se ci credono abbastanza.

In Venerdì 12 troviamo la lampante conferma al sottile dubbio che da un po’ ci attanagliava: con uno sforzo fatto solo di volontà ci possiamo ritrovare a fare figure da idioti, per cui alla fine di tutto o finiamo a piangere davanti alla nostra personale versione del quadro di Bedelia, cioè il nostro sogno immaginario, o in alternativa possiamo volontariamente provare ad asfaltare ogni parvenza di dignità, fino a umiliarci definitivamente con… Ciurga.

Ciurga al pari di Bedelia ha l’insensibilità di una ceramica da bagno a cui si aggiungono però l’indiscutibile somiglianza fisica e modi ancor più turpi. Sembra proprio essere l’unica risposta possibile all’altezza della nostra autostima.

Incarna alla perfezione un assunto che catechisticamente anche don Fabio Rosini cita spesso:

don Fabio Rosini: “Non mi spaventano i problemi, ma le soluzioni che la gente trova e mette in atto. Quelle, sì, mi spaventano!”

Quando uno smette di cercare la felicità a partire da ciò che è Verità, allora è anche capace di abbeverarsi ad una fogna e dire che ci si può dissetare.

Il risveglio: come ci si libera da un destino di calci nel cuore

Ad un certo punto c’è bisogno che, come per San Paolo, cadano i veli dagli occhi.

Nel lettore il paradosso tra quello a cui Aldo aspira, stare con Bedelia, e quello che Aldo fa per raggiungere la sua felicità, si fa ancora più stridente quando Bedelia è fisicamente nel suo appartamento e lui non la degna di attenzioni, ma anzi … vorrebbe evitarla!

Una considerazione importante è: chissà quante volte abbiamo avuto a portata di mano ciò che avrebbe potuto renderci felici e non ce ne siamo accorti! Quante volte tutto ciò di cui avevamo veramente bisogno era lì, ma lo abbiamo capito troppo tardi?

Cosa dovremmo trarre da questo? Che è sbagliato avere desideri o aspirazioni? Che siamo condannati ad una eterna spirale di dannazione in cui scendiamo rincorrendo cose senza senso e poi l’unica scelta è se fermarsi sul fondo a piangere per Bedelia, o iniziare (con uno scarto di volontà) a scavare per trovare Ciurga?

C’è sempre un dettaglio insignificante, come l’insetto nel torneo di Harry Potter, a cui non diamo il giusto peso, ma che è la exit door verso una conclusione diversa.

La conclusione

Abbiamo visto che il rischio più grande è non saper vedere a quante forzature, a quanti squallidi ricatti siamo pronti a piegarci pur di mantenerci a galla nelle nostre proiezioni.

Sembra evidente che la causa della nostra infelicità sia il fatto che il sogno è irrealizzabile, ma se è solo inventato non potrà mai tout court darci la completezza che vorremmo.

In tutto ciò non teniamo quasi mai in conto che l’azione preferita da Dio è proprio il fuori schema e che per salvarci da noi stessi non si stanca di creare situazioni di uscita adatte alle nostre deviazioni.

Se è arrivato a pensarlo anche Leo Ortolani che

Leo Ortolani: “Senza redenzione non poteva esserci un vero finale.”

allora forse il concetto è davvero cattolico e universale.

Ed ecco infatti arrivare sulla scena del fumetto Dulcistella, una semplice ragazza che un po’ per volta restituisce ad Aldo la consapevolezza della sua dimensione umana per infrangere la maledizione del carillon.

Questa redenzione che arriva dal di fuori, che è slegata dalla nostra volontà e viene a bussare con tenerezza alla nostra porta interiore (non a prenderci a calci!) esattamente lì dove siamo più feriti e fragili, discende da Dio che ci conosce meglio di noi stessi e nonostante questo ( o forse proprio per questo) ci ama.

L’exit door, che in gergo tecnico chiamiamo Grazia dà la forza di spezzare le catene e addirittura di Risorgere, ma tutto sta nel rendersi conto che esiste e talvolta occorre allenarsi per riconoscerla.

Se proprio non sapete da dove cominciare provate con il sacramento della Confessione che è sempre buon un punto di partenza, ma ora che vi abbiamo svelato come fare non ci sono più scuse: siete pronti a prendere in mano le chiavi per far ripartire la vostra vita o siete in coda alla cassa per fare scorta di fazzolettini?

Commenti da facebook

Commenti

3 Commenti

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

7 + quattro =

Author: Martayensid Yensid

Cultura cattolica: sono stata atea, agnostica e frequentatrice della sede locale del partito comunista, pur di trovare una alternativa alla fumosa e pettinata idea di Dio propinata dai circoli “bene”. Poi Dio ha avuto pietà di me e a soli 23 anni mi si è mostrato come una scelta fichissima, coraggiosa e più sfrontata di tutte quelle fatte sino ad allora. I corsi di p. Giovanni Marini ofm per il Sog di Assisi hanno fatto il resto. Oggi ho un marito strepitoso Oltre ogni previsione ed un figlio che, con due genitori così fuori di testa, non può che essere votato alla santità. Cultura nerd: credo di aver letto quasi tutti gli albi di Ken Parker a 13 anni, e poi anche molti Dylan Dog, Martin Mystère, Julia etc.. Stravedo per Miyazaki, Hisaishi ce lo ascoltiamo anche in macchina e, tra una cosa e l’altra, la curiosità e la passione per l’informatica e il web sono diventati il braccio destro del più grande talento ereditato da Dio: la creatività.

Share This Post On
Share This