La religione ci rende inadatti ad ignorare la nullità e ci butta nel lavoro della vita.

— John Updike

Nel silenzio di Pinocchio

Stare nel “qui e ora”

Certo è strano parlare di silenzio attraverso un chiassoso ed esilarante musical assortito di coreografie acrobatiche mozzafiato. Eppure in questo Sabato Santo, mi tornano le parole di “Pinocchio il grande musical” realizzato dalla Compagnia della Rancia con testi e musiche scritte dai Pooh. La versione che ho visto io è al momento disponibile su Rai Play ed è quella del 2004, con un impareggiabile Manuel Frattini nei panni del protagonista e si presta a una lettura cristiana che, sorprendentemente, non credevo di trovare proprio lì.

La storia di Pinocchio la conosciamo più o meno tutti per sommi capi, come la storia di un burattino di legno che all’inizio prende magicamente vita e dopo una serie di dis- avventure diventa anche un bambino vero. Se ci si prende la briga di leggere il testo originale di Collodi, emergono da fatti e personaggi inquietanti che difficilmente proporrei come storia della sera ad un bambino.  Provate a leggere il testo ufficiale anche solo nel capitolo XV, la Fata Turchina, di fatato, ha solo l’essere fatalmente in attesa dell’arrivo della sua bara

Non per niente vi è chi legge in questa storia qualcosa che ha a che fare con un rituale massonico e pare che questa opinione sia abbastanza condivisa. Grazie al cielo però, il musical è lontano da tutto ciò e riesce a stupire, a far ridere e persino a far riflettere, orientando ad un Bene che a un certo punto addirittura viene chiamato con il proprio Nome.

Pinocchio: Un figlio perfetto

Copertina del 1883 delle “Avventure di Pinocchio” di Carlo Collodi

“Un figlio perfetto” è la premessa di Geppetto quando intende costruire un burattino per avere delle infallibili prove tecniche di genitorialità. Già qui sfido tutti a non aver mai desiderato di creare situazioni affettive perfette, uguali a come ce le sognavamo prima che esistessero per davvero. È la sensazione di quando si sogna il primo amore, di quando si idealizza il partner che, se per le più romantiche può assomigliare al tipo di Inside Out che si batte il petto dicendo “darei la vita per Riley”, per gli animi più calienti, in piena tempesta ormonale, può tradursi in forme più provocanti e multi accessoriate, pronte a soddisfare sempre ogni ardore. Così, nel “futuro perfetto secondo noi” tutto è meravigliosamente a nostro favore. Salvo poi riscontrare che, la realtà che ci circonda ha un modo spudoratamente tutto suo di svolgersi. Inspiegabilmente lei non condivide la nostra visio beata, magari ci si mette pure contro di brutto, e ci concede forse di avere la meglio quando, invece, ingaggiamo la lite perfetta. Che è quella che ha luogo solo dopo un quarto d’ora sotto la doccia e ovviamente… solo dopo molto tempo che i fatti reali sono andati irrimediabilmente a rotoli. Sappiamo anche che le cose non vanno diversamente se ci illudiamo di diventare noi stessi perfetti, perché la nostra coscienza diventa veramente una carogna quando ci sottolinea che, il successo che abbiamo in testa, può restare solo lì, poiché non siamo onnipotenti.

Se vi può consolare, anche Pinocchio arriva all’ultimo brano del musical constatando proprio questo, e aggiungendo una richiesta che è molto azzardata.

Pinocchio: “son nato in una notte di tempesta,
non ho radici e mai crescerò.
se la magia della mia vita è questa,
scusate tanto ma io non ci sto.
chiederò alla luna di tornare indietro.
ero albero e lo ridiventerò.
meglio un legno vivo al vento,
che un cuore umano per metà.
là io crescerò
ed imparerò
la mia libertà.”

Se anche voi leggendo vi siete chiesti «La luna???» Sì, in effetti nel musical è la Luna a infondere il soffio vitale nel tronco da cui nasce il burattino e a quella qui si rivolge formalmente. Tuttavia sarà nel momento della verità, quello nel quale si rivelerà chi davvero conta in tutta questa storia e stiamo per scoprirlo.

Pinocchio qui dice un’altra cosa molto forte: che un burattino non cresce perché è un legno senza radici. Ed ha ragione.

Le radici e le corde

Sei come Bilbo Baggins, quando scopri che puoi fare a meno delle corde che ti legano ad una vita che non ti assomiglia, e ti scopri persino felice di uscire dalla tua comfort zone.

Senza radici, senza qualcuno che è prima di noi, non possiamo andare avanti, non sappiamo come fare e non siamo che burattini.

Possiamo essere simpatici, belli, ricercati ed accurati nell’interpretare la particina che il mondo vuole darci, ma accontentandoci di quella assomiglieremo sempre e solo all’asino che ha camminato per tutto il giorno, ma è rimasto sempre legato alla stessa mola e quindi, di fatto, non è andato da nessuna parte. Tagliare la corda che ci lega alla pietra della macina, non significa tagliare le radici, ma ritrovarle, ricongiungersi al desiderio vita piena che Dio ha messo dentro ciascuno di noi. Quella scintilla di vita è stata messa così in profondità perché nessuno possa portarcela via facilmente o trovarla al posto nostro.  Soprattutto è lì perché quando la riscopriamo abbiamo davvero ben chiara la grandezza del dono che abbiamo ricevuto. Scoprire chi davvero siamo, ci restituisce la forza per tagliare corde che ci legano alla zona di comfort. Solo chi le recide poi è libero, e si scopre felice di essere partito, come Bilbo ne “Lo Hobbit” di Tolkien, verso qualcosa che ci può dare vera pienezza. Pinocchio preferirebbe tornare albero, pur di poter riottenere il diritto di crescere, ma l’ingenuità del suo desiderio sarà colmato da una sapienza più grande che lo porterà avanti.

Voglio andare via da questa vita vuota

Quando comincia il brano che porta questo titolo, si tocca il punto più alto e determinante della storia, nonché di massima vicinanza tra i personaggi del musical e la nostra vita.

È il momento in cui si entra nel silenzio, e le cose importanti della nostra vita le percepiamo evidenti.

Pinocchio si risveglia nel vuoto che resta dopo lo sballo nel Paese dei Balocchi. Non è cambiato nulla, ma inizia a dubitare che sia quello il posto giusto dove restare. La cosa particolare è che non è un problema solo suo, anche la vita di Geppetto è inchiodata allo stesso stop. Che senso ha una vita nella quale, quando perdi il filo, ti accorgi di non aver amato abbastanza e addirittura di aver trascurato proprio le persone a cui tieni di più?

Le parole più forti sono, però, quelle di Angela, l’eterna friendzonata fidanzata di Geppetto che non vuole tornare in una casa che “non sia solo sua”. C’è una solitudine che morde, che non porta frutto, e, aggiungiamo noi, può non dipendere dall’avere una casa tutta per sé. Durante la quarantena tante famiglie hanno trovato difficile stare tutti dentro casa, rintanati anche tra i ripiani del ripostiglio, pur di non perdere il collegamento con il mondo intero. Quando poi le chiamate finivano, almeno all’inizio, ci si ritrovava a guardare negli occhi gente quasi sconosciuta che sembrava essere lì solo per condividere lo stesso domicilio, non necessariamente un legame con la stessa famiglia.

È stato un momento di verità a svelare tante solitudini e a metterle in discussione pur di ricreare relazioni sospese. Riuscite anche solo a immaginare la solitudine di chi, più o meno consapevolmente, resta solo comunque? C’è una solitudine che non lascia spazi e opportunità per alcun confronto. Ci sono persone la cui solitudine comincia nel momento in cui la videochiamata si chiude, ed Angela sembra una di queste, altre per le quali comincia con l’avvio di chiamata. Tutto persiste fino a quando si accetta di vivere in questa “apnea”.

Quando è che tutto può cambiare davvero?

Solo quando ti sei reso conto di aver girato a vuoto, capisci che la verità di te stesso non si può limitare a quello che il mondo ti concede o ti impone. Dentro hai qualcosa di inspiegabile che ti chiama alla vita e alla relazione. È una intuizione che arriva solo quando riconosci il respiro del silenzio, quando il giudizio del mondo smette di essere così importante, perché scopri che alcune tue certezze si frantumano, come i display che raggiungono male il pavimento e tu sei lì che non hai risposta per la domanda “e adesso come si fa?”. Lì ci può stare che di istinto imprechi, ma se ti fermi in quel “respiro”, se lo accogli come parte di te,  può accadere qualcosa di immenso, che supera di tanto persino lo sgomento. Capisci che non è la Luna (storta! ) a dominare il tuo tempo ma c’è Qualcuno che può ancora riannodare i fili spezzati e recuperare ciò che vale la pena di salvare. Capisci che è il momento di cambiare e, cosa ancora più inaudita, lo fai!!!

Ed ecco persino Pinocchio nel musical arriva a chiamare le cose con il loro nome, e si apre a Dio e persino alla preghiera:


[…] può solo Dio cambiare la mia storia […]
Sì, ci riuscirò a ritrovare la strada a riinventarmi la vita, sì
Oh sì, sì che si può cambiare quello che è stato e cancellare il passato
Sì, io pregherò che questo nuovo futuro, mi assomigli davvero
Sì, sì che si può portare il tempo per mano e trasformare il destino
sì che si può puntare dritto alle stelle col passato alle spalle.”

In conclusione

Se lo interpretiamo correttamente capiamo che “cancellare il passato” non può voler dire fare un reset di memoria, altrimenti si resta tronchi senza radici . È fondamentale sperimentare che nel silenzio si può imparare a “guardare alle stelle con il passato alle spalle”, e cioè a stare in un luogo preciso che non è né restare bloccato nell’errore di ieri, a farsi massacrare dai sensi di colpa, né scollegarsi dal reale, per idealizzare un futuro che domani forse non ci sarà però, intanto, alimenta già sfiducia e rimpianti.

Dal Venerdì Santo impariamo che l’albero della croce quando è piantato in terra, ha il potere di attirare tutti a Dio.

Dal Sabato Santo che anche il silenzio è un tempo buono per portare frutto. La condizione interiore in cui quel silenzio ci può portare è quella del seme che piantato in terra, solo morendo, produce frutto. Certo deve morire, ma solo qui e già adesso si può avere consapevolezza del fatto che il prato fiorito, in qualche modo, c’è, e ci sono tutti i presupposti per essere certi che continuerà ad esserci anche dopo. (Cfr. Is 43,19 ). Oggi nonostante le nostre disavventure, o forse proprio per quelle, siamo nel loading time più fertile che ci orienta alla vita eterna.

Ci avevate mai pensato?

Se la risposta è no, non vi chiedo di frantumare il led del telefono per vedere frantumare una certezza.
Siate più temerari: provate a entrare volontariamente nel vostro silenzio e raccontateci cosa ci avete trovato.

 

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Author: Martayensid Yensid

Cultura cattolica: sono stata atea, agnostica e frequentatrice della sede locale del partito comunista, pur di trovare una alternativa alla fumosa e pettinata idea di Dio propinata dai circoli “bene”. Poi Dio ha avuto pietà di me e a soli 23 anni mi si è mostrato come una scelta fichissima, coraggiosa e più sfrontata di tutte quelle fatte sino ad allora. I corsi di p. Giovanni Marini ofm per il Sog di Assisi hanno fatto il resto. Oggi ho un marito strepitoso Oltre ogni previsione ed un figlio che, con due genitori così fuori di testa, non può che essere votato alla santità. Cultura nerd: credo di aver letto quasi tutti gli albi di Ken Parker a 13 anni, e poi anche molti Dylan Dog, Martin Mystère, Julia etc.. Stravedo per Miyazaki, Hisaishi ce lo ascoltiamo anche in macchina e, tra una cosa e l’altra, la curiosità e la passione per l’informatica e il web sono diventati il braccio destro del più grande talento ereditato da Dio: la creatività.

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