Distruggere la cupola delle illusioni con WandaVision
La chiamata a essere noi stessi
WandaVision, la nuova serie tv targata Marvel, incentrata su Wanda Maximoff ha colpito il pubblico non solo per il suo stile innovativo ma anche per i temi trattati, che possono essere interpretati con differenti chiavi di lettura. La depressione, il lutto per una persona cara, la fuga dalla realtà, ma c’è un aspetto che mi ha molto colpito e che passa abbastanza in secondo piano, il tema della vocazione.
Vocazione, una parola che non comprendiamo appieno (e neanche io del tutto), ma sappiamo che noi tutti ne abbiamo una. Il catechismo della chiesa cattolica (CCC per gli amici) ci ricorda che la vocazione di tutti i cristiani è la santità, che consiste nella realizzazione piena di noi stessi, essere uomini e donne in tutta la nostra immensa pienezza.
Ovviamente l’articolo è pieno di spoiler quindi se non avete visto la serie: “TU NON PUOI PASSARE” (cit. Gandalf)
Una cittadina idilliaca, anche troppo
Vi chiederete cosa c’entra la vocazione con questa serie tv, diciamo infatti che il tema emerge fuori più prepotentemente solo negli ultimi episodi, prima è presente solo in modo molto velato.
Iniziamo però dalla base del racconto. Wanda, distrutta dalla morte dell’amato Visione, quasi inconsciamente utilizza i suoi poteri per creare una cupola sulla città di Westview, nel quale riscrive la realtà basandosi sulle serie tv regalatele dal padre poco prima di morire (come vedremo nel penultimo episodio). Sostanzialmente Wanda decide che il suo dolore è troppo grande da sopportare e preferisce cercare un mondo illusorio dove tutto vada bene, dove ogni cosa sia al suo posto. In pratica decide di rinunciare alla propria storia, alla propria identità frutto delle sue esperienze, per recitare un ruolo diverso, quello di qualcun altro; cosa che di fatto fa prendendo il posto delle protagoniste delle varie serie tv.
La voce forte della realtà

Monica Rambeau
Wanda rompe con le sue radici come anche noi molto spesso siamo tentati di fare, non riconoscendoci plasmati dalla nostra storia, dalla nostra vita, puntando invece a crearci una vita sulla base delle nostre idee. In questo modo però per primi diventiamo ciechi verso noi stessi, incapaci di vedere i nostri problemi, i nostri difetti e poi non ci accorgiamo del male che stiamo facendo anche agli altri, perché gli chiediamo di rispettare un ruolo che non gli appartiene accettando forzatamente questa illusione. Non è poi diverso da quello che ha fatto Wanda con gli abitanti della città che vengono soffocati nei loro ruoli, terrorizzati da lei e impossibilitati a muoversi.
A volte crediamo che la vocazione sia uno stato di vita idilliaco senza problemi, ma non è mai così, la vocazione non ci risolve tutti i problemi ma ci dà la forza per stare nel reale con tutta la nostra persona, affrontando la vita in tutti i suoi eventi.
La realtà però è sempre più grande e profonda dei nostri pensieri e delle nostre idee, e nella serie vediamo come la realtà prepotentemente vuole entrare in questo mondo fittizio per liberarci da questo sonno e domandarci chi siamo davvero.
Nel primo episodio questo tentativo di intromissione della realtà nell’illusione è molto sottile, ad esempio nella scena in cui Visione si chiede che cosa produca la sua azienda, nonostante abbia fino a un secondo prima svolto delle pratiche, domanda che effettivamente rimane senza risposta, che tutti sviano e non rispondono mai, infatti la risposta non esiste.
In seguito i tentativi della realtà si fanno più evidenti fino al dialogo di Monica Rambeau nella terza puntata, personaggio molto importante nella serie, che per il suo ruolo essenziale a mio parere può essere considerata “immagine di Cristo”.
“Io sto alla porta e busso…”
Monica più volte tenta di ricondurre Wanda alla realtà, cerca di aprirgli gli occhi e di farle accettare la sua dolorosa storia, perché anche lei ha sofferto per la perdita di una persona cara, comprende appieno sia il suo stato d’animo che il suo desiderio di fuga da questo dolore, infatti a fine serie confessa che se avesse avuto i suoi stessi poteri si sarebbe comportata altrettanto. Dicevamo che Monica è immagine di Cristo, questo perché il Signore parla sempre alla nostra realtà e ci chiede di accettare la nostra storia anche se dolorosa, perché è in essa che passa la nostra Vocazione ed è a partire da essa che ci conduce alla vita piena. Attraverso molte persone Cristo cerca di entrare nei nostri mondi ideali per trarci fuori da questi, ma noi proprio come Wanda, non riusciamo a dargli vero ascolto e lo buttiamo fuori con violenza, ma il Signore non si arrende mai con noi e cerca in tutti i modi di entrare e portarci in salvo da noi stessi, anche a costo di morire per noi, cosa che in certo senso fa anche Monica quando, fallito il tentativo di entrare nella cupola col rover spaziale tenta di entrare con forza nella barriera, rischiando di rimetterci la vita.
I colori della vita
Questo confronto con la realtà e le altre persone aiuta Wanda a maturare e inizia poco alla volta a riappacificarsi con la sua storia. Meraviglioso il fatto che il suo mondo prenda colore quando si scopre incinta (episodio 2, dal minuto 27), in quel momento la realtà del suo corpo le mostra la sua prima vocazione, quella alla maternità, quindi la chiamata a proteggere e a spendersi per qualcun altro. Sarà poi dal confronto con i figli che poco alla volta riuscirà a riappacificarsi con gli eventi dolorosi della propria storia. Infatti quando i figli vorrebbero crescere di colpo per superare il dolore per la morte del cagnolino lei gli dice di non evitare quel dolore ma di accettarlo (episodio 5, dal minuto 27.40), cosa che dice prima a sé stessa che a loro. Grazie al confronto con i suoi figli Wanda cresce, ma da sola non riesce ad andare avanti più di un certo punto, è necessaria una guida, qualcuno che ci accompagni perché nessuno si salva da solo. (citazione. Papa Francesco ce lo ricorda nell’Enciclica Fratelli Tutti, al numero 32: “…Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme.”)
La nostra vocazione parte dalla nostra vita e parla tramite la nostra storia, non possiamo procedere senza prima esserci riappacificati con quest’ultima perché senza radici non possiamo fiorire.

Aghata Harknes
Il male che si muta in bene
Anche se questo percorso di ricongiungimento con sé stessi nella serie viene iniziato da un personaggio positivo come Monica Rambeau, per assurdo sarà coadiuvato ed effettivamente portato a compimento da Agatha, la vicina di Wanda, che scopriamo essere in realtà il villain nascosto. Pur avendo dichiaratamente lo scopo egoistico di rubare i suoi poteri, proprio Agatha, vedendo tutto il potenziale inespresso di Wanda, cerca in tutti i modi di farle raggiungere pienamente la sua seconda vocazione e farle accettare la sua natura di strega. Questo le si ritorcerà contro poiché Wanda con i nuovi poteri riscoperti la sconfiggerà, alla fine anche il male concorre sempre al bene, come ci ricorda San Paolo nella lettera ai Romani.
“Tutto concorre al bene per coloro che amano Dio” (Rm 8, 28).
Sant’Agostino a questo passo giustamente commenta: “Etiam Peccata” (anche il peccato).
Occorre infine fare una precisazione, ovvero chiariamo meglio la natura di strega di Wanda. Nella serie abbiamo avuto modo di vedere che il potere di Wanda è in parte innato e in gran parte è stato alimentato dal potere ricevuto dalla Gemma della Mente contenuta nello scettro di Loki, quindi il suo potere non deriva da forze demoniache ma da una Gemma dell’Infinito che in linea teorica è frutto della creazione (se anche nell’MCU esiste il Supremo, il dio creatore presente nei fumetti marvel) e quindi opera dell’Onnipotente. Per questo quando dico che Wanda deve accettare la sua natura di strega intendo dire che deve accettare il potere concessogli da Dio, scegliere di usare questi doni per il bene e diventare l’eroe che è chiamata ad essere.
Agatha utilizza allora i suoi poteri per condurre Wanda fuori dal suo mondo senza radici e farle rivivere i momenti salienti della sua storia ed aiutarla ad accettarsi e diventare quello che è in pienezza. Certo, Agatha fa quello che fa perché si basa su quello che legge sul suo libro, ma il futuro preannunciato non sarà, molto probabilmente, un destino immutabile ma una possibilità dovuta alle scelte di Wanda.
Conclusione
Wanda infine si riappacifica con la sua storia, accetta le sue fragilità, accetta di non poter controllare tutta la realtà, accetta anche il suo dolore e così davvero realizzare sé stessa in pienezza, e diventare l’eroe che è chiamata ad essere fin dalla sua nascita.
Dio si è incarnato, è quindi entrato nella nostra realtà ed è venuto nel mondo, morendo e risorgendo il terzo giorno ed è vivo tutt’oggi. Egli non è rilegato fuori dal mondo, ma ci parla nella nostra quotidianità, in tutto quello che ci circonda, e ha seminato la nostra vocazione nella nostra storia e a partire da questa possiamo comprenderla. Non possiamo però procedere da soli, dobbiamo avere una guida che ci apra gli occhi sulla realtà per uscire dalla nostra cupola di illusioni e diventare quello che siamo chiamati ad essere e raggiungere le stelle.

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